SISTEMA SOLARE ESTERNO/L’evoluzione del pianeta sarebbe stata influenzata dall’impatto con un corpo celeste grande due volte la Terra. Lo afferma un nuovo studio pubblicato su The Astrophysical Journal

Valeria Guarnieri3 luglio 2018

Un massiccio oggetto celeste dalle dimensioni pari a due volte quelle della Terra, e forse anche di più, che in un remoto passato ha fatto una visita non proprio ‘di cortesia’ a Urano, condizionandone l’evoluzione: è l’ipotesi formulata in una nuova ricerca condotta da un gruppo internazionale di astronomi e coordinata dall’Università di Durham. Lo studio è stato illustrato nell’articolo “Consequences of Giant Impacts on Early Uranus for Rotation, Internal Structure, Debris, and Atmospheric Erosion”, pubblicato ieri su The Astrophysical Journal.

I ricercatori si sono basati su oltre 50 simulazioni informatiche ad alta risoluzione per comprendere come il misterioso oggetto abbia potuto influire sull’inclinazione di Urano e quindi anche sulle sue condizioni climatiche. L’oggetto in questione dovrebbe essere un giovane proto-pianeta composto da rocce e ghiaccio e l’impatto sarebbe avvenuto durante la formazione del Sistema Solare, circa 4 miliardi di anni fa. Le simulazioni, che confermano precedenti ipotesi in tal senso, suggeriscono inoltre che i detriti del proto-pianeta potrebbero aver formato un guscio sottile vicino al bordo dello strato di ghiaccio di Urano e quindi aver intrappolato il calore proveniente dal nucleo del pianeta. Questo elemento potrebbe spiegare la temperatura particolarmente rigida dell’atmosfera esterna di Urano, che raggiunge anche -216 Celsius.

La collisione, che non è riuscita a sottrarre al pianeta la sua atmosfera, potrebbe aver liberato nell’orbita di Urano ghiaccio e rocce ed essere all’origine degli anelli e delle lune che lo caratterizzano. Le simulazioni mostrano, infine, che l’impatto può aver creato ghiaccio fuso e ammassi asimmetrici di rocce all’interno di Urano e questo fenomeno potrebbe spiegare il suo campo magnetico fuori centro. Urano è simile a molti esopianeti e gli autori dello studio ritengono che i risultati delle simulazioni possano essere proficuamenti impiegati anche per analizzare questo tipo di corpi celesti.