LANCIATA NEL 2011/La sonda Nasa ha dedicato gli ultimi due anni di missione allo studio dei campi magnetici del gigante del Sistema Solare

Fulvia Croci7 settembre 2018

Un team internazionale composto da scienziati danesi e della Nasa ha dedicato uno studio alle differenze sostanziali tra il campo magnetico di Giove e quello terrestre. La scoperta, pubblicata su Nature, è stata possibile grazie all’utilizzo dei dati provenienti dalla sonda Juno. La sonda, partita nel 2011, è entrata nell’orbita di Giove nel 2016 ad appena 4000 chilometri dalla sua superficie e, nel corso degli ultimi due anni, ha monitorato il campo magnetico del pianeta gigante.

Sulla Terra, le linee di forza del campo magnetico escono dal polo nord e rientrano nel polo sud. Su Giove, invece, la situazione è molto diversa: le linee emergono dall’emisfero settentrionale e rientrano in due punti differenti, al polo sud e in un’area nei pressi dell’equatore. Un’altra differenza tra il nostro pianeta e Giove riguarda l’origine dei campi magnetici: mentre quello terrestre è generato dalla sua dinamo interna – il movimento vorticoso dei fluidi elettricamente conduttivi nel nucleo – quello di Giove, secondo il parere degli scienziati, è composto da elio e idrogeno, elementi poco conduttivi.

Questa teoria ha suggerito che la grande pressione presente all’interno del pianeta ha portato alla formazione di idrogeno metallico liquido, che ha un potere conduttivo simile a quello dei metalli. I ricercatori sono concordi nell’affermare che non ci sono ancora dati sufficienti per poter comprendere al meglio il particolare campo magnetico di Giove: probabilmente le sue particolari caratteristiche sono determinate dall’unicità della sua struttura interna.

Il contributo italiano alla missione di Juno è rilevante: sono due esperimenti realizzati con il supporto e il coordinamento dell’Asi. Si tratta della camera a infrarossi con spettrometro Jiram (Jovian InfraRed Auroral Mapper), uno strumento chiave di Juno, realizzata da Leonardo-Finmeccanica sotto la guida scientifica dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), e dell’esperimento di radioscienza KaT (Ka-band Translator/Transponder), realizzato da Thales Alenia Space, sotto la responsabilità scientifica della Sapienza Università di Roma.