Kepler-1625b – un gigante gassoso più massiccio di Giove – non avrebbe una luna nella sua orbita. Due studi pubblicati su Astronomy Astrophysics , hanno smentito le prove della sua ipotetica esistenza che era stata ipotizzata in una ricerca a guida dell’astrofisico Alex Teachey, lo scorso ottobre. Nell’articolo in questione, pubblicato su Science Advances, si descrivevano una serie di diminuzioni della luminosità nella curva di luce della stella madre dell’esopianeta, situato a circa 8000 anni luce da noi nella fascia abitabile della sua stella. Le osservazioni, erano state realizzate grazie al telescopio Kepler della Nasa e suggerivano la presenza di un grande corpo celeste – dalle dimensioni simili a quelle di Nettuno- che orbitava intorno all’esopianeta. La scoperta, aveva suscitato l’interesse della comunità scientifica perché si trattava del primo esempio di esoluna individuata al di fuori del Sistema Solare.
Lo stesso risultato, era stato messo in rilievo da Hubble e gli scienziati avevano confermato che tali cambiamenti di luminosità erano indicativi della presenza di un oggetto che interferiva con la luce della stella madre mentre transitava davanti ad essa. I ricercatori hanno inoltre notato che questo transito era diverso da quelli che si osservano normalmente: è iniziato prima del previsto e il calo di luminosità era più lungo: questo dato in particolare aveva fatto pensare alla presenza di un’esoluna. Recentemente, il team guidato dall’astrofisica Laura Kreidberg ha analizzato nuovamente i dati di Hubble utilizzando una tecnica innovativa che ha portato alla mancata evidenza della presenza dell’esoluna. Un secondo team guidato da René Heller, ha confermato le conclusioni del primo gruppo, osservando solo un leggero calo di luminosità della stella, una prova considerata insufficiente. Secondo le conclusioni dei due gruppi, lo strano transito osservato nell’autunno scorso è imputabile ad altri fenomeni ancora sconosciuti. Il gruppo guidato da Teachey non si dà per vinto e continuerà ad osservare l’esopianeta alla ricerca di ulteriori prove dell’esistenza dell’esoluna. Secondo Teachey, la tecnica utilizzata per l’analisi dei dati di Hubble, non sarebbe idonea e avrebbe portato alla cancellazione di alcuni dati fondamentali.
La caccia alle esolune – al contrario di quella degli esopianeti che è già attiva e fiorente da più di vent’anni grazie al metodo del transito, è appena all’inizio. Individuarle, è particolarmente complicato per due motivi: sono di dimensioni inferiori a quelle del pianeta di riferimento e la loro posizione varia a ogni transito orbitando intorno al pianeta. Inoltre, i pianeti che potrebbero ospitarle si muovono su grandi orbite con tempi di transito lunghi e poco frequenti. Ma le esolune stimolano l’interesse degli scienziati per un ulteriore motivo: quelle rocciose – che orbitano intorno agli esopianeti giganti di tipo gassoso – potrebbero avere le condizioni ideali per ospitare la vita, perchè ricevono energia dalla loro stella e dalla radiazione riflessa del loro pianeta.
Nel corso della sua carriera, Kepler ha individuato migliaia di esopianeti e lo scorso giugno, un gruppo di ricercatori della University of California, Riverside e della University of Southern Queensland, ha scoperto grazie alle sue osservazioni, 121 giganti gassosi, all’interno di zone abitabili, candidati ad ospitare un numero considerevole di esolune. Sebene si tratti di studi promettenti, non si può ancora parlare di scoperte vere e proprie: il futuro della ricerca sulle esolune è affidato al James Webb Telescope, il potente telescopio targato Nasa, erede di Hubble. Il James Webb, il cui lancio è in programma per il 2021, promette di scrutare il cielo con un’accuratezza nei dettagli mai raggiunta finora, una caratteristica che potrebbe permetterebbe di scoprire molto di più sui segreti delle esolune.