Uno spiraglio dischiuso sull’Universo ai suoi albori: così è stata considerata la galassia nana individuata nel corso della Sloan Digital Sky Survey (Sdss), una mappatura tridimensionale del cosmo iniziata nel 2000. La galassia, battezzata con il complesso codice alfanumerico J0811+4730, si trova nella costellazione settentrionale della Lince ed è caratterizzata da una scarsa presenza di ossigeno. Questa peculiarità ha suscitato l’interesse degli astronomi che hanno dedicato alla galassia lo studio “J0811+4730: the most metal-poor star-forming dwarf galaxy known”, in pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (pre-print disponibile su arXiv.org). La ricerca è stata condotta da un gruppo di lavoro congiunto dell’Università della Virginia e dell’Accademia delle Scienze dell’Ucraina.
Gli studiosi, dopo aver scorto J0811+4730 durante la mappatura Sdss, hanno deciso di approfondire le osservazioni con Lbt (Large Binocular Telescope), telescopio ottico situato sulla cima del monte Graham in Arizona. I dati così ottenuti hanno messo in rilievo il basso livello di ossigeno: il 9 per cento in meno rispetto a qualsiasi altra galassia con attività di formazione stellare osservata sinora. Secondo i ricercatori, la scarsità di ossigeno è indice di un quadro chimico semplice, che richiama le caratteristiche delle prime galassie nate agli albori del cosmo. Quelle antiche realtà, infatti, erano costituite essenzialmente da elio e idrogeno, elementi sviluppatisi durante il Big Bang nei primi istanti di vita dell’Universo. L’ossigeno è comparso sulla scena più tardi, quando si sono formate le stelle massicce che, con i loro processi di fusione nucleare, ha dato origine a elementi più complessi e pesanti.
I dati raccolti su J0811+4730, inoltre, hanno fornito indizi sui meccanismi di re-ionizzazione dell’antico Universo, connessi alle attività di formazione stellare, e hanno evidenziato che la piccola galassia sta rapidamente dando vita a nuovi astri. Realtà come J0811+4730, benché difficili da individuare perché molto lontane e deboli, sono ritenute di grande interesse perché consentono di lanciare uno sguardo sui processi che hanno portato alla formazione delle loro ‘colleghe’ più antiche, circa 13 miliardi di anni fa, e all’evoluzione dell’Universo primordiale.