di Roberto Battiston – @Rb_Bat
All’inizio fu la vista, con i telescopi ottici del grande Galileo sviluppatisi poi nel secolo scorso anche nelle frequenze invisibili della luce, dalle onde radio, agli infrarossi, agli ultravioletti ai raggi X e gamma; poi vennero i moderni interferometri laser, l’equivalente dell’ udito, in grado di captare le onde gravitazionali che modificano in maniera impercettibile la struttura dello spazio tempo, facendola letteralmente scricchiolare; il tutto accompagnato da rivelatori di raggi cosmici, che, scoperti un secolo fa, ci portano frammenti elementari di stelle lontane, una sorta di tatto con cui tocchiamo questi oggetti remoti.
Il trionfale avvento dell’astronomia multi-messaggero è il senso della scoperta che ieri è stata annunciata in una serie di conferenze stampa negli Stati Uniti e in Italia. Per la prima volta nella storia dell’osservazione dell’universo, è stata infatti rivelata un’onda gravitazionale, prodotta dalla fusione di due stelle di neutroni, e allo stesso tempo è stata captata – dall’ ottico fino ai raggi X- la radiazione elettromagnetica associata alla fusione. Un evento lontano nel tempo e nello spazio – 139 milioni di anni luce, la Terra allora era dominata dai dinosauri – avvenuto nella galassia NGC 4993, in direzione della costellazione dell’Idra.
Le due stelle di neutroni, spiraleggiando una intorno all’altra fino al loro abbraccio fatale, nella fase finale di questa loro danza hanno emesso una grande quantità di onde gravitazionali che sono state osservate sulla Terra per circa 100 secondi. Il loro violento abbraccio ha però dato vita, due secondi dopo al segnale gravitazionale, anche ad un lampo di luce, un flash di raggi X e gamma osservati dai rivelatori spaziali Fermi (NASA) ed Integral (ESA) e da vari telescopi terrestri che nelle ore successive hanno osservato una coda luminosa.
Si tratta di un nuovo modo di fare astronomia, combinando diversi strumenti, che, proprio come i nostri sensi su scala terrestre, ci restituiscono un’immagine completa di fenomeni e oggetti lontanissimi da noi. Una rete sempre in ascolto, indispensabile per cogliere i messaggi che arrivano dalle profondità del Cosmo e che ci raccontano di lontani, colossali cataclismi la cui eco ci arriva attraverso vibrazioni diverse per natura oltre che per frequenza e per le quali un singolo diapason non è sufficiente.
Che questa fosse la strada si era già capito nel 2015, all’indomani del primo annuncio della rivelazione di onde gravitazionali provocate dalla fusione di due buchi neri. I due interferometri statunitensi LIGO, lo stato dell’arte per questo tipo di strumenti, nonostante stiano a 3000 km di distanza non consentono da soli di localizzazione con precisione la sorgente dell’ onda. E’ necessario aumentare la base di osservazione con un terzo interferometro, VIRGO, realizzato da una collaborazione italo-francese, localizzato a quasi 10.000 km di distanza a Cascina, vicino a Pisa, per consentire una triangolazione precisa. Cercare la sorgente di un’onda gravitazionale usando solo i due interferometri di LIGO è come ascoltare con un solo orecchio. VIRGO, molto lontano ed orientato in modo diverso dai due interferometri statunitensi, fornisce informazioni altrimenti non osservabili. Analogamente a ciò che accade per il nostro senso dell’udito, che sfrutta le due orecchie ed il ritardo causato dalla propagazione del suono per determinarne l’origine.
E’ bene ricordare che questo straordinario terzetto di strumenti non lo dobbiamo non solo ai recentissimi premi Nobel, Barish, Thorne e Weiss, gli ideatori di LIGO, ma anche all’intuizione geniale di Adalberto Giazotto, il fisico italiano – forse non a caso figlio di un celebre musicologo – la cui visione è alla base della costruzione di VIRGO.
Mi ricordo bene come per decenni Adalberto e i suoi colleghi dell’INFN abbiano lavorato a questo arditissimo progetto, inizialmente senza essere presi sul serio, in quanto la comunità scientifica a quel tempo puntava sulle barre criogeniche proposte negli anni ‘50 da Edoardo Amaldi, poi rivelatesi non sufficientemente sensibili.
Mentre i primi eventi gravitazionali che sono stati osservati dagli interferometri erano interpretabili come la fusione di due buchi neri, quindi associati a pochissima emissione di luce, nel caso della fusione delle stelle di neutroni, le osservazioni nella banda elettromagnetica ottenute da 70 telescopi a terra, tra cui REM, VST, VLT, e dagli osservatori spaziali, come Fermi e Integral, Swift, Chandra, Hubble, hanno permesso di posizionare in modo molto preciso la soergente dell’onda gravitazionale.
La comunità scientifica, in Italia l’INAF e l’INFN assieme all’ASI, ha avuto un’opportunità senza precedenti per studiare questo evento con i moderni strumenti per l’osservazione dell’universo. Le osservazioni fatte dal Very Large Telescope (VLT), guidate da ricercatori italiani, hanno identificato la presenza di elementi pesanti come l’oro e il platino, sintetizzati nel corso dell’esplosione, risolvendo così il mistero sull’origine di quasi la metà degli gli elementi più pesanti del ferro.
Quella di ieri è certamente una giornata storica per la scienza che apre una nuova era per la ricerca spaziale. Da anni attendevamo la nascita dell’astronomia multi-messaggero in grado di sfruttare i vari tipi di radiazione che raggiungono la terra dai luoghi più remoti dell’universo.I risultati presentati ieri da osservatori terrestri e spaziali, gravitazionali ed elettromagnetici confermano questa visione. Pubblicando, tra l’altro, una clamorosa conferma della validità della teoria della relatività di Einstein – che prevede che anche le onde gravitazionali viaggino alla velocità della luce – la ricerca italiana ha confermato di avere una parte importantissima nel coordinamento di diversi ambiti di misura e di diversi tipi di strumentazione, a terra e nello spazio, facendo parte a pieno titolo dei più importanti network di ricerca mondiali.
La corsa alla realizzazione di interferometri ancora più grandi è già iniziata. Da anni l’Agenzia Spaziale Italiana è impegnata per raggiungere la prossima frontiera, la realizzazione del grande interferometro LISA, previsto dall’ESA come terza grande missione nel suo programma scientifico Cosmic Vision. LISA sarà in grado di aumentare di ordini di grandezza la sensibilità alla radiazione gravitazionale. Se in LIGO e VIRGO i bracci sono lunghi alcuni chilometri in LISA i fasci laser percorreranno distanze di milioni di chilometri, rimbalzando tra tre satelliti disposti nei vertici di un grande triangolo nello spazio. LISA fornirà informazioni uniche sulla formazione delle grandi strutture cosmiche e soprattutto sull’evoluzione dell’Universo primordiale, negli istanti che hanno seguito la grande esplosione, il Big Bang.
Infatti, nonostante questi recenti successi, rimangono molte cose da scoprire nel Cosmo e capiamo solo una piccola frazione, circa il 5%, della materia che ci circonda. Materia oscura, energia oscura, scomparsa dell’ antimateria primordiale nei primi istanti dopo il Big Bang, sono alcune tra le grandi domande a cui cercano risposta nuovi rivelatori come LISA ed il supertelescopio spaziale JWST assieme a rivelatori come AMS (Alpha Magnetic Spectrometer) installato da 5 anni sulla Stazione Spaziale Internazionale. Se la rivelazione delle onde gravitazionali ci offre un’ulteriore conferma della visione di Einstein, sappiamo che una trama di materia ed energia sconosciute pervade il nostro universo condizionando in modo decisivo la sua formazione e la sua evoluzione attuale e remota. Sappiamo di non sapere, quale sfida migliore per la nuova generazione di scienziati ?