Il 31 dicembre scorso, alle 8.43 italiane, mentre molti sulla Terra si preparavano ai festeggiamenti per il nuovo anno, la sonda della NASA Osirix Rex a circa 110 milioni di chilometri di distanza, accendeva ancora una volta i propri motori per otto secondi e realizzava un nuovo record dell’esplorazione spaziale. Osirix Rex infatti entrava in orbita del più piccolo oggetto celeste che una sonda avesse mai orbitato , superando il record della sonda europea Rosetta.

Mai prima d’ora, infatti, una navicella spaziale lanciata dalla Terra gira così vicino a un oggetto spaziale così piccolo, con gravità a malapena sufficiente da mantenere un veicolo in un’orbita stabile.

L’inserimento in orbita di Osirix Rex è stato tutt’altro che banale, poiché non era certa la massa e relativa gravità dell’asteroide, dati che hanno permesso solo all’ultimo di calcolare l’esatta manovra per l’entrata in orbita. Orbita tanto tenue che imporrà correzioni della stessa accendendo quando necessario i propulsori della sonda per riposizionarla.

Osirix Rex orbita intorno a Bennu a circa un 1,75 km dal suo centro, una distanza veramente breve imposta dalla gravità dell’asteroide che rappresenta appena 5 milionesimi di quella terrestre.  distanza confortevole è necessaria per mantenere il veicolo spaziale bloccato a Bennu, che ha una forza di gravità solo 5 milionesimi forte come quella terrestre. La sonda è programmata per orbitare attorno a Bennu fino a metà febbraio compiendo un “giro” intorno all’asteroide della durata di 62 ore. In questo periodo la sonda analizzerà da vicino l’asteroide mandando sulla Terra immagini sempre più dettagliate. Complessivamente Osiris Rex orbiterà intorno all’asteroide per quasi un anno per mapparne le proprietà chimiche e mineralogiche e per scegliere due siti idonei per il prelievo di un campione di regolite carbonacea.

Gli scienziati contano di poter effettuare la raccolta del campione nell’estate del 2020: una volta portato a termine questo compito, Osiris Rex si dirigerà di nuovo verso la Terra – precisamente nel deserto dello Utah negli Stati Uniti –  dove rilascerà la capsula contenente il carico di regolite nel 2023.

L’Italia ha un importante ruolo nel progetto tramite l’Istituto nazionale di astrofisica: tra i ricercatori del team figurano infatti numerosi italiani, tra cui Maurizio Pajola dell’Osservatorio di Padova, Elisabetta Dotto dell’Osservatorio di Roma e John Robert Brucato dell’Osservatorio di Arcetri.