Il 98% del suo volto è coperto da una spessa coltre ghiacciata, che, da un punto di vista geologico, lo rende tuttora una regione scarsamente conosciuta e su cui c’è molto da lavorare, specie nell’ambito della tettonica: si tratta dell’Antartide, il continente che abbraccia il Polo Sud terrestre, protagonista di un nuovo studio centrato sui resti di terre remote, nascoste nelle pieghe dei suoi ghiacci. L’indagine, basata sui dati della missione Goce dell’Esa, è stata svolta da un gruppo di ricercatori dell’Istituto delle Scienze di Terra dell’Università di Kiel e del British Antarctic Survey ed è stata appena pubblicata su Scientific Reports (articolo: “Earth tectonics as seen by Goce – Enhanced satellite gravity gradient imaging”).
Goce (Gravity field and steady-state Ocean Circulation Explorer), in orbita da marzo 2009 a novembre 2013, è stata una missione Esa dedicata alla misura del campo gravitazionale terrestre e alla determinazione del geoide. Per effettuare questo genere di rilievi, il satellite era collocato ad un’altezza di soli 255 chilometri, quindi molto più vicino rispetto ai suoi ‘colleghi’ per l’osservazione della Terra; l’altezza è stata ridotta a 225 chilometri durante il suo ultimo anno di vita operativa, per realizzare misurazioni ancora più accurate. Goce, infatti, ha avuto anche il compito di registrare il gradiente di gravità (la misura di quanto rapidamente l’accelerazione di gravità può cambiare) lungo tutte le direzioni del movimento, fino ad una risoluzione di 80 chilometri. Gli autori dello studio hanno utilizzato le misure del gradiente di gravità, combinandole con dati sismologici per realizzare immagini 3D particolarmente accurate della crosta terrestre e del mantello superiore e comprendere le interazioni tra la tettonica delle placche e le dinamiche delle aree più profonde del mantello. Il gradiente di gravità, secondo i geologi, è un parametro particolarmente utile per la sua sensibilità nel rilevare le caratteristiche della litosfera terrestre, che comprende la crosta e il mantello esterno.
Le caratteristiche in questione includono le dense zone rocciose definite cratoni – resti di antiche terre individuate nel cuore delle attuali placche continentali – e gli orogeni, regioni accidentate connesse alle catene montuose e ai letti oceanici. Grazie a questi dati, gli studiosi hanno potuto affondare lo sguardo nella struttura sub-superficiale dell’Antartide, dove hanno riscontrato delle diversità tra la parte orientale e quella occidentale (foto in alto). Nella regione est gli studiosi hanno notato una combinazione di cratoni e orogeni, che mostrano somiglianze – ma anche qualche differenza – con la crosta al di sotto degli altri continenti, cui l’Antartide era unita fino a 160 milioni di anni fa; nel territorio ovest, invece, la crosta e la litosfera appaiono più sottili e presentano un sistema di fratture. Questa scoperta, oltre ad avere un interesse storico, è molto importante per comprendere come la struttura geologica dell’Antartide possa influenzare il comportamento dello strato di ghiaccio e con quanta velocità le aree del continente trovino un nuovo equilibrio in relazione allo scioglimento della coltre glaciale.