La loro evoluzione, un tempo caratterizzata da meccanismi molto ‘rilassati’, ha subito una brusca accelerata a causa del cambiamento climatico, dando luogo a fenomeni che possono essere molto pericolosi in prossimità di zone abitate: si tratta dei ghiacciai, i cui movimenti sono al centro di un recente studio di Journal of Glaciology. La ricerca, condotta da scienziati dell’Università di Portsmouth e dell’International Center of Integrated Mountain Development, si focalizza su un particolare tipo di movimento dei ghiacciai, definito surge glaciale, e si è basata sia su dati satellitari che su modelli digitali di elevazione (Dem). Le informazioni utilizzate provengono dalla costellazione Sentinel-2 di Copernicus, il programma di Osservazione della Terra della Commissione Europea.
I movimenti dei ghiacciai, dovuti alla forza di gravità, comportano lo spostamento del materiale accumulato dall’alto verso il fondovalle e generalmente si verificano nell’arco di decenni. La lentezza di questi processi, influenzati anche da fattori ambientali, fa sì che i ghiacciai siano utilizzati come indicatori dei cambiamenti climatici. In alcuni casi, però, si verifica il surge glaciale: i movimenti avvengono con grande velocità, tanto che il ghiaccio si sposta anche di parecchi chilometri in breve tempo. Dopo questa sorta di valanga, i ghiacciai rimangono generalmente quieti e il materiale da essi sparso si scioglie in tempi più brevi.
I surge tendono a manifestarsi in zone remote e poco antropizzate, ma vi sono delle eccezioni e in queste circostanze vanno più che mai tenuti sotto controllo perché possono avere conseguenze molto pesanti su persone e infrastrutture. Lo studio analizza il caso del ghiacciaio Shisper, situato nella catena montuosa del Karakorum che si estende lungo i confini tra Cina, Pakistan e India. All’inizio del 2018 lo Shisper è stato interessato da un surge glaciale, che ha sbarrato un fiume, comportandosi come una diga e formando un lago. Grazie alle immagini di Sentinel-2, è stato possibile monitorare l’andamento di questo specchio d’acqua che ha vissuto fasi alterne di riempimento e di drenaggio. Ne sono state individuate sei che si sono susseguite fino a quando, nel 2020, il ghiacciaio ha smesso di muoversi.
Nel momento di massima espansione il bacino era arrivato a contenere oltre 33 milioni di metri cubi d’acqua, l’equivalente di più di 13mila piscine olimpioniche. Nelle fasi di drenaggio il lago si è svuotato piuttosto rapidamente, producendo delle inondazioni definite ‘Glof’ (Glacial lake outburst flood); una di esse, nel 2022, ha spazzato via il ponte Hassanabad, un’importante struttura dell’autostrada che collega Cina e Pakistan, danneggiando pesantemente anche l’area circostante.
Gli scienziati hanno rilevato che in particolari contesti ambientali i ghiacciai possono essere maggiormente soggetti ai surge e formare bacini. Non è facile fare previsioni su queste valanghe di ghiaccio, ma i dati satellitari permettono di identificarne i primi movimenti e di tracciarle: in questo modo è possibile ipotizzare quali saranno i luoghi più esposti al rischio Glof. L’analisi delle immagini dallo spazio, inoltre, ha evidenziato che i pericoli connessi ai surge si potrebbero presentare anche dopo anni dal termine del movimento, come è accaduto appunto con il lago Shisper. Anche in questo filone di studi, quindi, i satelliti hanno fatto la differenza, consentendo di approfondire un insidioso fenomeno naturale e di studiare misure di mitigazione.
In alto: il ghiacciaio Shisper visto da Sentinel-2 (Crediti: Eu, Copernicus Sentinel-2 imagery – processed by Defis Eu)