Il bacino del Polo Sud-Aitken, il più grande e più antico cratere della Luna, potrebbe essere rotondo e non ovale come pensato finora. Ovvero potrebbe essersi formato da un impatto molto più diretto, ossia verticale, di quanto ipotizzato in precedenza.
Lo suggerisce uno nuovo studio dell’Università del Maryland pubblicato sulla rivista Earth and Planetary Science Letters. Il team di ricercatori ha cercato di fare luce sulla complessa struttura di questo importante bacino lunare attraverso un approccio innovativo: utilizzando i dati ad alta risoluzione del Lunar Reconnaissance Orbiter della Nasa, ha analizzato più di 200 formazioni montuose sparse nel bacino supponendo che tali caratteristiche geologiche fossero antichi resti dell’impatto originale. Il cratere ha, infatti, avuto origine circa 4 miliardi di anni fa.
I risultati della ricerca sono rilevanti per svelare il passato della Luna ma anche per le future missioni Artemis, dato che il bacino Polo Sud-Aitken sarà la regione dove atterreranno i primi equipaggi che torneranno sul nostro satellite dopo oltre 50 anni di assenza.
«È difficile studiare il bacino del Polo Sud-Aitken in modo olistico a causa della sua enormità, ed è per questo che gli scienziati stanno ancora cercando di conoscerne la forma e le dimensioni. – afferma Hannes Bernhardt dell’Università del Maryland e autore principale dello studio – Inoltre, sono passati 4 miliardi di anni dalla formazione del bacino e molti altri impatti hanno oscurato il suo aspetto originario».
Determinare la conformazione del bacino del Polo Sud-Aitken rappresenta una sfida per nulla semplice, ma soprattutto non è solo una questione di forma: stabilire se il più grande bacino lunare sia rotondo o ovale influenzerebbe, infatti, la nostra comprensione della storia della Luna, per due motivi.
Il primo è che la forma lasciata dall’impatto che ha creato questo cratere è l’informazione fondamentale per conoscere i dettagli su come sia avvenuta la massiccia collisione tra la Luna e l’oggetto che si è schiantato sulla sua superficie.
Il secondo è che un impatto verticale e non obliquo come pensato finora potrebbe significare per i prossimi equipaggi Artemis la possibilità di trovare in superficie rocce provenienti dalle profondità lunari, fatte emergere da una collisione più violenta e che potrebbero svelare nuove informazioni sulla nascita della Luna.
«Questo impatto circolare implica che i detriti dell’impatto sono più equamente distribuiti intorno ad esso di quanto si pensasse in origine, il che significa che gli astronauti di Artemis o i robot nella regione del Polo Sud potrebbero essere in grado di studiare da vicino le rocce provenienti dalle profondità del mantello o della crosta lunare, materiali a cui di solito è impossibile accedere», continua Bernhardt.
Queste rocce lunari potrebbero fornire informazioni cruciali sulla composizione chimica della Luna e una loro analisi contribuirebbe a convalidare o meno la teoria dell’Impatto Gigante, secondo cui la Luna si sarebbe originata da una collisione avvenuta quattro miliardi e mezzo di anni fa tra una giovane Terra e un corpo dalle dimensioni simili a Marte, chiamato Theia.
In attesa di rivedere in futuro equipaggi umani sulla superficie lunare che potrebbero cercare e prelevare queste rocce capsule del tempo, il rover indiano Chandrayaan 3, allunato vicino al Polo Sud nell’agosto 2023, ha intanto rilevato in questa regione minerali che identificherebbero detriti da impatto provenienti dal mantello lunare, un indizio a sostegno dell’ipotesi ora formulata dall’Università del Maryland.
Immagine in evidenza: Un modello topografico della Luna che utilizza i dati raccolti dal Lunar Reconnaissance Orbiter della Nasa e da Kaguya di Jaxa. Questa è una vista globale che mostra l’intero bacino del Polo Sud-Aitken (SPA). I triangoli indicano le caratteristiche montuose che si trovano intorno al bacino. Crediti: Hannes Bernhardt.