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La sonda Parker Solar Probe ha avuto un nuovo incontro ravvicinato con Venere, che ha sfruttato per effettuare l’ultima fionda gravitazionale prevista prima di raggiungere il massimo avvicinamento al Sole.
Venere, come accaduto già varie volte in precedenza, è stato praticamente ‘sfiorato’, la sonda è passata a soli 376 chilometri dalla sua superficie, una distanza inferiore a quella tra la Stazione Spaziale Internazionale e la Terra. La fionda è stata necessaria per metterla nella direzione e velocità adatte ad avvicinarsi al Sole fino a una distanza minima veramente impressionante: 6,2 milioni di chilometri.
Anche stavolta il sorvolo di Venere è stato sfruttato per raccogliere un po’ di dati scientifici, usando lo strumento Wispr (Wide-Field, Imager for Parker Solar Probe).
Quest’apparecchio viene generalmente usato per raccogliere informazioni sul vento solare ma, con grande sorpresa, si sta dimostrando utile anche per osservare Venere. Lo si è capito per caso nel luglio 2020: durante il terzo sorvolo ravvicinato con il pianeta, gli scienziati lo avevano puntato verso l’impenetrabile coltre di nubi venusiane, sperando di misurarne le variazioni, ma con le scansioni nel vicino infrarosso lo strumento era riuscito a penetrare molto più in fondo, arrivando persino a ‘vedere’ la superficie.
Trattandosi del pianeta più caldo del Sistema Solare, con temperature di 465 °C al livello del suolo, l’emissione di radiazione infrarossa è effettivamente considerevole.
Grazie a questa mole di dati del tutto nuovi, si decise di osservare Venere con il Wispr anche nel successivo flyby del 2021. A seguito di questo secondo giro di misurazioni però le informazioni raccolte non erano ancora sufficienti a coprire ogni parte del pianeta, e non dimostravano ancora a sufficienza quanto il Wispr possa essere d’aiuto per distinguere le proprietà fisiche e chimiche della superficie. Così si è resa necessaria una terza serie di scansioni, che è stata fatta in questo ultimo sorvolo.
Nelle prossime settimane la Parker Solar Probe si avvicinerà sempre di più al Sole, finché il 24 dicembre prossimo raggiungerà il perielio a soli 6,2 milioni di chilometri dalla fotosfera, la superficie della stella.
Un traguardo record per questa storica missione, concepita oltre sessant’anni fa, perché nessun oggetto umano è mai passato così vicino a una stella.
Si tratta di zone di Spazio mai esplorate e la ‘Parker’ non si limiterà ad avvicinarsi come mai accaduto prima, ma farà molto di più: sfilerà tra i pennacchi di plasma ancora attaccati al Sole, a una distanza sufficiente a passare dentro un’eruzione solare.
Durante questo passaggio al perielio si perderanno tutte le comunicazioni con la Terra, per cui inizialmente non si saprà l’esito delle manovre previste. La sonda è programmata per spedire un segnale radiofaro soltanto 3 giorni dopo, quando è in allontanamento, dove confermerà l’avvenuto successo del volo ravvicinato e poi fornirà informazioni sul suo stato di salute a seguito del tremendo stress.
Si tratterà soltanto del primo di tre incontri simili, sempre a distanza minima dal Sole, per cui la sonda manterrà l’attuale orbita ancora per qualche tempo.
Il Parker Solar Probe fa parte di un programma della Nasa più esteso, chiamato ‘Living With a Star‘ (convivere con una stella), che punta a esplorare tutti quegli aspetti dell’interazione tra la Terra e il Sole che influenzano direttamente la vita e la società umana.
In particolare, punta a descrivere la fisica, la dinamica e il comportamento dei due corpi durante un intero ciclo solare di 11 anni, a determinare come l’attività solare influenzi i cambiamenti climatici, a studiare gli effetti delle particelle energetiche sia per la salute umana che per la realizzazione di schermature adeguate dei componenti elettronici di navette, sonde e sistemi di trasporto spaziale.
Foto copertina: passaggio della sonda Parker Solar Probe vicino Venere in una ricostruzione artistica.
Foto nell’articolo: la breve animazione mostra Venere nel versante notturno ripreso dallo strumento ‘Wispr’ (a sinistra). Le parti più scure rappresentano le zone più fredde, quelle chiare le più calde. Come si vede, le immagini corrispondono perfettamente con le scansioni radar fatte tra il 1990 e il 1994 dalla missione ‘Magellan’ sulla stessa zone del pianeta (a destra), dove le zone in rosso sono quelle con più alta elevazione e quelle in blu le depressioni.
Crediti:Nasa/Apl/Nrl, Magellan Team/Jpl/Usgs