Un team internazionale di astronomi, guidato dall’Università di Ginevra, ha sviluppato un nuovo modello teorico per spiegare la struttura chimica del Sole. Questa innovativa teoria vede il ruolo chiave di due fattori: la rotazione del Sole e i campi magnetici da essa generati.
La ricerca, i cui risultati sono pubblicati su Nature Astronomy, risolve in parte le incertezze e le contraddizioni emerse negli ultimi venti anni all’interno del modello solare standard utilizzato dagli astrofisici.

Il Sole funge per noi da riferimento naturale: il modello con cui spieghiamo i fenomeni nella nostra stella rappresenta l’unità di misura per determinare i processi fisici in atto nei diversi sistemi stellari del cosmo.
Il problema è che negli ultimi 20 anni questo modello di riferimento è entrato in crisi.

All’inizio degli anni 2000, infatti, alcune ricerche hanno mostrato un’abbondanza degli elementi leggeri, il litio, sulla superficie solare decisamente minore rispetto ai valori previsti dal modello standard. In contrasto con la teoria condivisa fino ad allora, è emersa una forte contraddizione tra la chimica superficiale e la caratterizzazione interna del Sole, quindi l’abbondanza di elementi pesanti nel suo involucro.
Risultate tuttavia corrette, le nuove osservazioni di inizio millennio hanno implicato la necessità di una radicale rivisitazione dei modelli teorici condivisi per spiegare l’evoluzione del Sole.

«Il modello solare standard che abbiamo utilizzato finora considera la nostra stella in modo molto semplificato, da un lato per quanto riguarda il trasporto degli elementi chimici negli strati più profondi, dall’altro per la rotazione e i campi magnetici interni che finora sono stati completamente trascurati», spiega Gaël Buldgen, coautore dello studio.

Il nuovo modello solare sviluppato dall’Università di Ginevra include non solo la storia evolutiva della rotazione del Sole, che varia nel tempo e da sempre di difficile spiegazione, ma anche le instabilità magnetiche che essa crea. Il modello prevede correttamente la concentrazione di elio negli strati esterni del Sole, e soprattutto si concilia anche quella del litio: l’abbondanza di questo elemento è stato infatti il punto critico su cui si è aperta l’increspatura nel modello standard.

«L’abbondanza di elio è correttamente riprodotta dal nuovo modello perché la rotazione interna del Sole imposta dai campi magnetici genera un rimescolamento turbolento che impedisce a questo elemento di cadere troppo rapidamente verso il centro della stella; contemporaneamente, anche l’abbondanza di litio osservata sulla superficie solare è riprodotta perché questo stesso rimescolamento lo trasporta verso le regioni calde dove viene distrutto», spiega Patrick Eggenberger, primo autore della ricerca.

Questo studio non risolve completamente le sfide teoriche aperte da ormai due decenni, tuttavia, getta nuova luce sui processi fisici nel Sole il cui studio aiuterà a risolvere le contraddizioni emerse nella teoria solare tradizionale: lo sguardo con cui abbiamo osservato finora tutte le stelle simili alla nostra.

Immagine in evidenza: Il modello sviluppato dagli scienziati include la storia della rotazione del sole ma anche le instabilità magnetiche che esso genera. Crediti: Sylvia Ekström / Università di Ginevra (UniGe)