La Stazione Spaziale Internazionale è stata oggetto di uno studio di archeologia. Nel tempo, la casa orbitante è stata la dimora di oltre 270 astronauti provenienti da 23 Paesi diversi. Pertanto dopo oltre 23 anni l’Iss può considerarsi il sito di un nuovo tipo di comunità , quella spaziale, ‘una microsocietà in un mini mondo’. Così viene descritta da Justin Walsh della Chapman University in California, e dai colleghi che hanno presentano questa ricerca sulla rivista Plos One.
L’International Space Station Archaeological Project (Issap) mira, quindi, a completare l’indagine delle Scienze Sociali sull’esperienza umana dei voli spaziali di lunga durata.
L’obiettivo primario è osservare come gli esseri umani si adattano alla vita in un ambiente nel quale la nostra specie non si è evoluta, dove le caratteristiche principali sono l’isolamento e la microgravità . La microgravità , in particolare, introduce nuove opportunità , ma anche limitazioni. L’uomo è stato in grado di muoversi e lavorare a 360 gradi, di svolgere esperimenti impossibili con la gravità terrestre, tuttavia con il condizionamento di oggetti che fluttuano.
Per le indagini, gli studiosi hanno adattato una strategia archeologica tradizionale nota come ‘shovel test pit’, in cui piccole fosse vengono scavate a intervalli per valutare la distribuzione dei manufatti.
Poiché era troppo costoso e difficile visitare di persona il ‘sito archeologico’, è stato chiesto all’equipaggio della Iss di documentare sei aree all’interno della stazione e, invece di scavare fosse, scattare foto giornaliere di ciascuna postazione. Il test si è svolto nel 2022 con l’equipaggio dell’Expedition 66, adatto per la consueta proporzione di uomini e donne presenti nella storia della Iss e la presenza di astronauti di tre Paesi diversi. L’esperimento è durato 60 giorni.
La pubblicazione rivela i risultati delle prime 2 delle 6 aree campione: una designata per la manutenzione delle attrezzature e un’altra, vicino ai servizi igienici e alle attrezzature per l’attività fisica.
Incrociando le foto con i resoconti delle attività degli astronauti, i ricercatori hanno scoperto come l’equipaggio utilizzi diverse aree della stazione spaziale in modi che divergono dai progetti e dai piani della missione. L’area per la manutenzione delle attrezzature era utilizzata principalmente come deposito, mentre l’area vicino all’attrezzatura per gli esercizi e al bagno, sebbene non designata per uno scopo particolare, era stata utilizzata come deposito per articoli da toeletta, buste e un computer raramente utilizzato.
«Questo è stato il primo esperimento archeologico mai realizzato al di fuori del pianeta Terra. Applicando un metodo tradizionale per il campionamento di un sito a un tipo di contesto archeologico completamente nuovo. – hanno dichiarato gli autori dello studio – Gli architetti e i progettisti delle future stazioni spaziali possono apprendere nozioni preziose da questo lavoro».
Non è la prima volta che viene svolto un esperimento del genere. Walsh ha dichiarato infatti di essersi ispirato a precedenti esempi di archeologia contemporanea come il ‘Tucson Garbage Project’ (sulle abitudini dei consumatori che non coincidono con ciò che si trova nel contenitore dei rifiuti) e l’ ‘Undocumented Migration Project’.
Secondo gli studiosi, il progetto mira anche a sviluppare tecniche archeologiche che consentano lo studio di altri habitat in ambienti remoti, estremi o pericolosi.
Foto di copertina: foto dell’Area 3 dedicata alla manutenzione delle attrezzature – Crediti: Justin Walsh.
Foto nell’articolo: disegno della Iss con le aree indagate – Crediti: Tor Finseth, Justin Walsh.