Mercurio ha già sorpreso in passato gli scienziati per alcune caratteristiche peculiari. Ad esempio, la presenza di un nucleo ferroso particolarmente grande (circa il 60% del volume del pianeta), o la concreta possibilità che, pur trovandosi estremamente vicino al Sole, possegga ghiaccio d’acqua in superficie, nascosto nelle zone buie alla base delle creste ai bordi dei crateri polari. Un nuovo studio, realizzato da scienziati cinesi e belgi, ipotizza l’esistenza di un’altra possibile particolarità: all’interno di Mercurio, tra il nucleo liquido e il mantello del pianeta, potrebbe esistere uno strato composto interamente di diamante.
Il carbonio, se sottoposto a determinate pressioni ed alte temperature, può trasformarsi in diamante. Mercurio è un pianeta che si mostra ricco di carbonio, il suo colore grigio scuro e la bassa riflettanza avevano fatto sospettare la presenza abbondante di questo elemento sin dalle osservazioni con telescopi terrestri, confermate poi dalle scansioni superficiali effettuate nei passaggi ravvicinati delle sonde Mariner 10 nel 1974 e Messenger nel 2011.
Tutto questo carbonio ha un’origine sconosciuta.
Tutto questo carbonio ha un’origine sconosciuta.
Si teorizza che possa essere arrivato dall’esterno, in seguito a continui bombardamenti di comete, oppure sia il prodotto della cristallizzazione del carbonio residuo della formazione del nucleo, che si sarebbe trasformato inizialmente in grafite per poi risalire pian piano verso la superficie, fino a creare uno strato di crosta primordiale.
Partendo da quest’ultima ipotesi, lo studio ha tentato di analizzare il comportamento del carbonio all’interno del pianeta, basandosi sui più recenti modelli geofisici e calcoli di termodinamica.
Partendo da quest’ultima ipotesi, lo studio ha tentato di analizzare il comportamento del carbonio all’interno del pianeta, basandosi sui più recenti modelli geofisici e calcoli di termodinamica.
I ricercatori hanno applicato al carbonio pressioni fino a 7 gigapascal (circa 7 volte la pressione rilevabile nel fondo della Fossa delle Marianne), per poi unire i risultati di queste simulazioni sperimentali a calcoli di geofisica basati sui dati raccolti dalle sonde. Il quadro che è emerso non esclude la possibilità che, con quelle determinate condizioni, il carbonio si possa essere trasformato in grafite, o più probabilmente diamante.
La pressione stimata al confine tra il nucleo liquido e il mantello di Mercurio è di 5,575 gigapascal, un valore che, unito al calcolo delle temperature in quelle stesse zone, è sufficiente a innescare questa trasformazione.
Si può quindi ipotizzare che nella porzione interna del pianeta, detta Cmb (Core-Mantle Boundary) possa esistere uno strato di diamanti dello spessore stimato tra i 15 e i 18 chilometri.
Si può quindi ipotizzare che nella porzione interna del pianeta, detta Cmb (Core-Mantle Boundary) possa esistere uno strato di diamanti dello spessore stimato tra i 15 e i 18 chilometri.
Gli stessi autori dello studio, al di là dei risultati sperimentali ottenuti, precisano che questa presenza di diamanti all’interno di Mercurio è sì fisicamente possibile, ma resta statisticamente poco probabile. Che abbiano indovinato o no, questo studio e l’approccio sperimentale su cui si basa, restano comunque utilissimi. Le metodologie non sono infatti utili solo per conoscere la storia e la composizione di Mercurio, ma anche quella degli oltre 6000 esopianeti finora scoperti, che potrebbero mostrare condizioni e caratteristiche simili.
Crediti Foto: Dr. Yanhao Lin and Dr. Bernard Charlier