Tre anni fa, il 17 aprile 2021, è andata in scena un’esplosione solare eccezionalmente diffusa, un evento drammatico che ha espulso verso lo spazio particelle da circa due terzi della circonferenza del Sole: un angolo molto più ampio di quello tipicamente coperto dalle esplosioni solari più comuni.
L’espulsione di particelle ha poi investito diversi veicoli spaziali nel sistema solare interno, le cui rilevazioni hanno permesso insieme di determinare i tempi e le direzioni di questo vasto flusso generato dallo straordinario lampo solare.

Si chiamano particelle energetiche solari e sono i protoni ed elettroni espulsi dal Sole quasi alla velocità della luce in occasione di brillamenti ed espulsioni di massa coronale. Questo flusso può essere molto dannoso per le tecnologie che investe, dalle sonde spaziali operative nel sistema solare fino ai satelliti in orbita attorno alla Terra o persino gli aerei in volo sulle rotte polari.

Il 17 aprile 2021, una delle sonde Stereo di Nasa ha catturato questa vista di un’espulsione di massa coronale che si allontana dal Sole (coperto dal disco nero al centro per vedere meglio l’ambiente intorno ad esso). Credit: Nasa/Stereo-A/Cor2

L’evento esplosivo del 17 aprile 2021 è la prima tempesta solare che ha colpito veicoli spaziali in cinque diverse località ben distinte tra il Sole e la Terra, oltre a sonde in orbita attorno a Marte.
La più vicina alla linea di tiro dell’esplosione, e per questo la prima a essere stata investita dalle particelle, è stata la sonda BepiColombo, missione congiunta Esa e Jaxa con il forte contributo italiano. Dall’altra parte del brillamento, dunque nella direzione opposta del flusso che ha colpito BepiColombo, si trovavano invece le sonde Parker Solar Probe di Nasa, colpita per seconda, e Solar Orbiter di Esa (missione con la fondamentale partecipazione italiana), terza a essere investita.

Successivamente il flusso ha raggiunto anche le sonde Nasa Stereo-A, Soho (missione congiunta con Esa) e Wind, tutte molto più vicine alla Terra e ben lontane dall’esplosione.
In orbita attorno a Marte, invece, le sonde Maven di Nasa e Mars Express di Esa, anche questa con il contributo italiano, sono state le ultime a rilevare le particelle dell’evento.

Analizzando quali tipi di particelle hanno colpito ciascuno di questi veicoli spaziali e in quale momento, un team di scienziati ha scoperto quando e in quali condizioni le particelle energetiche solari sono state espulse nello spazio. La ricerca, pubblicata su Astronomy & Astrophysics, ha scoperto cosi che i protoni e gli elettroni sono stati spinti in direzioni diverse e in tempi diversi, potenzialmente da differenti tipi di eruzioni solari.
Secondo i ricercatori, un numero diverso di fonti generatrici spiegherebbe, infatti, la vasta distribuzione del flusso.

«Non è la prima volta che si ipotizza che elettroni e protoni abbiano avuto fonti diverse per la loro accelerazione – afferma la coautrice Georgia de Nolfo, ricercatrice in eliofisica presso il Goddard Space Flight Center di Nasa – Questa misurazione è stata unica in quanto le molteplici prospettive hanno permesso agli scienziati di separare meglio i diversi processi, confermando che elettroni e protoni possono avere origine da processi diversi». 

Il team ha concluso che gli elettroni sono stati probabilmente spinti nello spazio rapidamente dal lampo di luce iniziale – un brillamento solare – mentre i protoni sono stati spinti più lentamente, probabilmente da un’onda d’urto proveniente dalla nube dell’espulsione di massa coronale.

La ricerca conferma così il valore delle analisi ottenute dalle rilevazioni di più veicoli spaziali nello spazio, fornendo così una visione scientifica più profonda del Sole e dell’ambiente che lo circonda.

 

Immagine in evidenza: fermoimmagine delle sonde Stereo di Nasa che il 17 aprile 2021 ha ripreso l’espulsione di massa coronale che si allontana dal Sole. Credit: Nasa/Stereo-A/Cor2