Atlas. Delta. Lunga Marcia. Ariane. Vega. Falcon. Soyuz. Sono solo alcuni dei moltissimi razzi destinati al trasporto spaziale, ma almeno durante la settimana passata l’ultimo nome è quello che abbiamo sentito circolare di più. Il vettore Soyuz, utilizzato dalla Russia per trasportare l’omonima navicella sulla Stazione spaziale internazionale, ha infatti subito un guasto durante il lancio dell’11 ottobre scorso: il cosmonauta russo Alexey Ovchinin e l’astronauta americano Nick Hague dovevano raggiungere i colleghi dell’Expedition 57 sulla Iss, ma pochi minuti dopo il liftoff è stato rilevato un problema a uno dei propulsori della Soyuz Ms-10.
L’incidente ha immediatamente fatto scattare la procedura per il distacco della capsula e il rientro di emergenza dell’equipaggio. Nonostante la discesa turbolenta, che ha sottoposto la navicella a un’accelerazione di quasi sette volte la forza di gravità terrestre, gli astronauti non hanno riportato danni. L’agenzia spaziale russa Roscosmos ha immediatamente avviato un’indagine per capire la dinamica dell’incidente, e si aspettano i risultati nel giro di pochi giorni.
E intanto la Nasa ha affermato che le future missioni non dovrebbero subire ritardi, scongiurando così il pericolo – di cui si parlava nelle prime ore dopo il fallimento del lancio – di vedere la Iss disabitata per la prima volta in quasi vent’anni. Ma un’altra questione sollevata su più fronti riguarda la sicurezza della Soyuz, e quindi l’incolumità degli astronauti. Dal 2011, anno del pensionamento del programma americano Shuttle, il veicolo russo è l’unico taxi disponibile da e per la stazione spaziale; ed erano oltre 40 anni che il vettore Soyuz non dava problemi – da quando cioè nel 1975 la Soyuz 18 diretta verso la stazione spaziale sovietica Salyut 4 fu costretta a rientrare per un guasto simile a quello dell’11 ottobre.
Ecco che oggi in molti sono tornati a chiedersi se e quanto mandare esseri umani nello spazio sia pericoloso, soprattutto in vista delle future missioni verso la Luna e Marte. Ovviamente nel caso di viaggi nello spazio profondo sorgono altri elementi da tenere in considerazione come l’esposizione prolungata alle radiazioni; ma se restiamo sui lanciatori, vediamo che i rischi non sembrerebbero poi così elevati. Partiamo dai numeri: ad oggi, sommando i programmi spaziali conclusi, quelli ancora attivi e quelli in via di sviluppo, esistono circa 80 famiglie di lanciatori costruite dai vari paesi nel corso della storia dell’esplorazione spaziale.
Tutto ha avuto inizio nel 1957, con il razzo Sputnik 8k dell’Unione Sovietica che ha portato in orbita Sputnik 1, il primo satellite artificiale. Da allora si sono susseguiti 61 anni di esplorazione spaziale, in cui la tecnologia dei lanciatori ha scandito una serie di tappe fondamentali – la prossima è attesa tra poche ore, quando alle 3.45 italiane nella notte tra il 19 e il 20 ottobre partirà la missione Bepi Colombo diretta su Mercurio a bordo del razzo europeo Ariane 5.
Il continuo avanzamento tecnologico ha così reso il lancio di razzi un’operazione di routine: negli ultimi 5 anni abbiamo raggiunto una media di circa 90 voli all’anno tra missioni con e senza equipaggio – il che significa quasi due lanci a settimana. C’è il volo umano, che ad oggi ha portato 564 astronauti nello spazio e che negli ultimi anni ha raggiunto una media di 4 voli all’anno. Ad esempio, nel 2017 sono stati portati con successo 11 astronauti in orbita bassa mentre, nello stesso arco di tempo, sono stati registrati 14 incidenti aerei. E anche passando ai voli senza equipaggio, i razzi a confronto con altri mezzi di trasporto sono relativamente sicuri: un dato in parte dovuto all’espansione del settore delle telecomunicazioni e al continuo investimento tecnologico delle aziende spaziali private. In tutto ad oggi sono stati lanciati nello spazio circa 5.700 razzi, con una percentuale di successo del 92%: questo significa che salendo a bordo di un vettore avremo 11 possibilità su 12 di arrivare a destinazione; e le chances aumentano proprio se il lanciatore è russo, con le possibilità che diventano 15 su 16. E rispetto a quell’unica eventualità di fallimento? Ecco che a questo punto subentrano i sistemi di sicurezza: i vettori Soyuz sono progettati in modo da poter abortire una missione in qualunque istante del volo grazie al rapidissimo distacco della capsula che trasporta l’equipaggio, posizionata sulla punta del razzo – esattamente la procedura di emergenza che l’11 ottobre ha salvato la vita agli astronauti a bordo. Insomma salire su un razzo è comunque pericoloso perché siamo al limite della tecnologia, ma statistiche alla mano appare molto più rischioso prendere l’automobile che andare nello spazio.