Che aria tira su Marte? Ce lo raccontano le dune: infatti, le strutture formate dalla sabbia sospinta dal vento possono rivelare molti dettagli sulle brezze marziane. Le collinette sabbiose, infatti, sono al centro di un recente studio di Geophysical Research Letters (articolo: “Global Surface Winds and Aeolian Sediment Pathways on Mars From the Morphology of Barchan Dunes”).

L’indagine è stata coordinata dal Technion – Israel Institute of Technology e si è basata sulle immagini scattate dalla Context Camera di Mro (Mars Recoinnassance Orbiter), sonda della Nasa lanciata il 12 agosto 2005 ed entrata nell’orbita di Marte il 10 marzo 2006.

Le dune si formano quando la sabbia, sotto l’azione del vento, si organizza in particolari schemi e sono un elemento caratteristico dei deserti e delle zone aride della Terra; il nostro pianeta, però, non ha l’esclusiva su queste strutture geologiche che sono state individuate su vari corpi celesti del Sistema Solare, Marte in primis. Sulla Terra l’andamento e la direzione delle raffiche all’origine di questi cumuli di sabbia vengono monitorati dalle stazioni meteorologiche, mentre per effettuare questo tipo di indagine sul Pianeta Rosso gli studiosi si sono dovuti affidare alle caratteristiche del paesaggio.

In particolare, il team della ricerca ha analizzato le barcane: si tratta di dune a forma di mezzaluna che si creano in aree sabbiose dove i venti soffiano in una direzione dominante. È proprio questo fattore a conferire alle barcane la loro forma, in cui le estremità puntano sottovento mentre il resto della sabbia si raduna in creste e pendii.

Il gruppo di lavoro, che ha utilizzato la tecnica dell’apprendimento automatico (machine learning), ha analizzato oltre 700mila barcane riprese da Mro, individuando un andamento specifico che deriva dalla circolazione atmosferica estiva. I percorsi riscontrati sono due: uno in direzione nord alle medie latitudini e un altro ciclonico (movimento in senso antiorario attorno a un centro di bassa pressione) nei pressi del polo nord. Il secondo flusso è suddiviso in una componente più piccola che è influenzata da un vento che spira in direzione opposta, ovvero anticiclonica. Secondo gli autori del saggio, questo fenomeno si deve agli effetti delle correnti che soffiano attraverso la calotta polare.

Dall’analisi dei dati di Mro, inoltre, è emerso che, a latitudini superiori a 45° nord, le dune ‘migrano’ prevalentemente verso est, incontrandosi con la circolazione ciclonica del vortice polare; invece, si muovono verso sud a latitudini inferiori al valore sopra indicato. I venti locali colpiscono soprattutto le aree in cui i cumuli di sabbia si estendono orizzontalmente tra 10 e 50 chilometri, mentre hanno un impatto minimo quando le dimensioni delle dune superano i 100 chilometri; in questo caso, un maggiore influsso viene esercitato da venti che spirano su Marte su scala globale.

La metodologia utilizzata ha mostrato qualche limite nell’analisi dei campi di dune all’interno di grandi crateri, come Hellas e Argyre delle Valles Marineris; tuttavia, anche se sarà necessario qualche aggiustamento, è stato possibile individuare i principali ‘schemi’ cui si muovono i venti, un dato che potrà tornare utile in previsione di future missioni umane sul pianeta.

In alto: le dune viste dalla sonda Mro (Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/U. Arizona)

In basso: la circolazione atmosferica analizzata attraverso le dune (Crediti: Geophysical Research Letters vol. 50)