Un metodo versatile che possa aiutare gli scienziati ad approfondire i segreti del ghiaccio artico ma anche di quello di corpi celesti ‘sotto zero’: è questo l’oggetto di un recente studio pubblicato su The Cryosphere (“Spatial characterization of near-surface structure and meltwater runoff conditions across the Devon Ice Cap from dual-frequency radar reflectivity”) e coordinato dall’Istituto di Geofisica dell’Università del Texas-Austin.
Il team della ricerca – supportata anche dalla Nasa – ha sviluppato una nuova tecnica radar in grado di poter osservare le caratteristiche nascoste delle piattaforme glaciali che si trovano alle estreme latitudini del nostro pianeta, ma che potrà essere impiegata anche sui mondi ghiacciati del Sistema Solare come Europa, luna di Giove.
Gli strati delle calotte glaciali più vicini alla superficie, infatti, sono difficili da studiare con strumenti radar satellitari che penetrano a fondo nel ghiaccio: tali strati spesso ospitano fenomeni rilevanti dal punto di vista scientifico, ma la loro posizione non consente un’osservazione di dettaglio. Quindi, in questi casi, gli studiosi devono integrare i dati satellitari affidandosi a strumenti di terra – che però offrono una copertura limitata – oppure effettuare rilievi in situ.
La nuova tecnica sviluppata dagli autori del saggio, invece, può essere utilizzata efficacemente anche da satellite e monitorare aree molto estese: il procedimento consiste nella combinazione di due diverse larghezze di banda radar e nella ricerca delle differenze in modo da poter aumentare la risoluzione.
Per testare questo metodo innovativo, definito ‘dual-frequency analysis’, il gruppo di lavoro ha effettuato rilievi radar sulla calotta glaciale Devon nell’Artico canadese, mappando uno strato di ghiaccio impermeabile, vicino alla superficie e simile a una lastra. Dalla mappatura è emerso che lo strato di ghiaccio sta dirigendo il materiale di fusione in superficie verso dei canali situati più a valle; infatti, la maggior parte degli strati della Devon è molto più spessa ed estesa di quanto si credesse (oltre 4 metri lungo svariati chilometri), una peculiarità che favorisce il reindirizzamento delle acque di fusione.
Secondo gli studiosi, i risultati di questa mappatura possono dare un utile contributo nella previsione del comportamento di questa calotta, soprattutto per quanto riguarda il suo ruolo nell’innalzamento del livello del mare. Un approccio simile, a loro avviso, potrà essere applicato per rilevare e caratterizzare gli strati di ghiaccio vicini alla superficie della luna Europa, soprattutto per quanto riguarda una potenziale attività endogena; la missione Europa Clipper della Nasa, il cui lancio è in programma nel 2024, è appunto dotata di un radar a doppia frequenza.
In alto: la sonda Europa Clipper (Crediti: Nasa)