Mini-Nettuno sulla cresta dell’onda: questa categoria di pianeti, al centro di un recente studio basato sulle osservazioni del telescopio Webb, torna alla ribalta per ben quattro studi basati sui dati del satellite Cheops (CHaracterising ExOPlanet Satellite) dell’Esa. La missione, lanciata il 18 dicembre 2019, vede un’importante partecipazione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e dell’Agenzia Spaziale Italiana (i dettagli qui).
I quattro esopianeti, la cui esistenza è stata confermata da Cheops, orbitano intorno ad altrettante stelle e hanno dimensioni intermedie tra quelle della Terra e quelle di Nettuno. Chiamati appunto mini-Nettuno, questi corpi celesti sono piuttosto comuni nella Via Lattea e sono più piccoli, freddi e difficili da scovare rispetto ai Gioviani caldi, scoperti in grande abbondanza. In paragone a questi colossi gassosi, i mini-Nettuno hanno orbite di durata più lunga e temperature superficiali relativamente più fresche (circa 300°C).
Le prime tracce dell’esistenza di questo quartetto sono state individuate dalla missione Tess della Nasa, che osservato due transiti per ciascun pianeta durante due differenti attività di monitoraggio del cielo. Grazie alle attività pregresse di Tess, gli autori dei quattro saggi hanno utilizzato Cheops al momento giusto e sono riusciti a confermare ulteriormente l’esistenza dei mini-Nettuno e a raccogliere dati utili per la loro caratterizzazione.
I quattro pianeti orbitano intorno alle stelle Hip 9618, Toi 5678, Hd 22946 e Hd 15906 e i loro percorsi hanno una durata che va da un minimo di 21 giorni a un massimo di 53. La loro scoperta è di grande rilievo perché avvicina il nostro campione di esopianeti conosciuti alle orbite più lunghe che troviamo nel nostro Sistema Solare.
Le misurazioni effettuate da Cheops, inoltre, hanno aiutato gli studiosi a determinare il raggio di questi quattro mondi, mentre la loro massa potrebbe essere calcolata con ulteriori analisi condotte con i telescopi di terra. Parametri come il raggio e la massa sono fondamentali per stimare la densità di un corpo celeste e, in questo specifico caso, aiutare a comprendere meglio la composizione dei mini-Nettuno. Si tratta di una questione alquanto dibattuta: gli astronomi, infatti, hanno ipotizzato la presenza di un nucleo roccioso e ferroso mentre per gli strati esterni sono stati proposti differenti scenari. Il primo di essi propone oceani di acqua liquida, il secondo un’atmosfera vaporosa di elio e idrogeno, mentre il terzo contempla un’atmosfera di puro vapore acqueo.
Gli astronomi non sono stati ancora in grado di giungere a una conclusione sugli strati esterni del quartetto e attendono di poter svolgere una campagna specifica con il Webb: questi mondi lontani orbitano intorno a stelle brillanti e questa caratteristica li rende un target ideale per un’indagine spettroscopica con questo telescopio spaziale.
Gli studi sono stati pubblicati su Astronomy & Astrophysics e su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society e sono stati condotti da gruppi di lavoro internazionali, che hanno visto un ampio coinvolgimento di scienziati italiani, sia dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e di vari atenei, sia in forze a enti di ricerca esteri.
In alto: elaborazione artistica di un mini-Nettuno (Crediti: W. M. Keck Observatory/Adam Makarenko)
In basso: inforgrafica relativa agli studi sui mini-Nettuno condotti con Cheops (Crediti: Esa – acknowledgement: work performed by Atg under contract for Esa)