Un’improvvisa risata percepita nonostante il mormorio di fondo in una stanza affollata. Così è stato definito il segnale GW150914, ovvero le prime onde gravitazionali osservate nel 2015 dagli interferometri Ligo, due rivelatori gemelli statunitensi, e Virgo, situato in Italia.
Predette da Einstein nel 1916, le onde gravitazionali sono increspature nello spazio-tempo generate da alcuni degli eventi più violenti del cosmo, come la fusione di stelle massicce compatte o di buchi neri.
Dalla 2015, gli interferometri Ligo, Virgo e Kagra, rilevatore giapponese e primo interferometro sotterraneo al mondo, hanno osservato circa un centinaio di eventi di questo genere: una frazione, tuttavia, infinitesimale rispetto alle numerose potenti collisioni che avvengono nel cosmo. Ogni anno centinaia di migliaia di coppie di buchi neri si fondono, infatti, in una danza cosmica che emette onde gravitazionali in ogni direzione.
La maggior parte di queste, tuttavia, si sovrappone creando un segnale di fondo piatto e diffuso: il brusio nella stanza dal quale il segnale GW150914 è riuscito a distinguersi, grazie a una potenza 10 volte maggiore della luminosità di ogni stella e galassia nell’universo visibile.
Eppure anche il rumore di fondo da cui GW150914 si è elevato è composto da diverse piccole risate: onde gravitazionali meno potenti le quali, risultando non distinguibili, non riescono a essere rilevate dai nostri interferometri terrestri.
Ora, una nuova ricerca della Sissa di Trieste, pubblicata su The Astrophysical Journal, propone di utilizzare una costellazione di tre o quattro interferometri spaziali per riuscire a captare quelle che finora sono state per noi impercettibili risate assorbite dal rumore di fondo, tecnicamente chiamato fondo stocastico di onde gravitazionali.
Secondo i ricercatori, infatti, distinguere le piccole increspature sarà una sfida ardua anche per i rilevatori terrestri di nuova generazione, come il futuro telescopio Einstein, interferometro sotterraneo europeo in fase di studio, e la costellazione Lisa (Laser Interferometer Space Antenna), futura missione Esa con l’importante contributo italiano.
«Misurare queste fluttuazioni di fondo, note più correttamente come anisotropie, continuerà a essere estremamente difficile, poiché la loro identificazione richiede un livello di risoluzione angolare molto elevato, non posseduto dagli strumenti di rilevazione attuali e di prossima generazione», afferma Giulia Capurri, dottoranda della Sissa e prima autrice dello studio.
La soluzione proposta per ottenere un livello di risoluzione angolare migliore è quella di una costellazione di interferometri in orbita solare e che coprano una distanza approssimativa come quella tra la Terra e il Sole.
«Una costellazione di interferometri spaziali in orbita attorno al Sole potrebbe permetterci di vedere le sottili fluttuazioni del segnale di fondo gravitazionale, consentendoci di estrarre informazioni preziose sulla distribuzione dei buchi neri, delle stelle di neutroni e di tutte le altre sorgenti di onde gravitazionali nell’universo», continua Capurri.
Una maggiore distanza tra gli interferometri spaziali aumenta, infatti, la capacità di distinguere i segnali reali di onde gravitazionali dal rumore strumentale generato da ogni rilevatore: solo un vero segnale di onde gravitazionali apparirebbe in tutti i rivelatori, permettendo così di riconoscere ed eliminare i disturbi di natura ambientale. Operare con una rete di più rivelatori molto distanti tra loro consente, inoltre, di individuare con più precisione la direzione da cui provengono le onde gravitazionali: è, infatti, dall’analisi della differenza nel tempo con la quale ciascun segnale giunge ad ogni rivelatore che è possibile localizzare nel cielo la sorgente esatta delle onde gravitazionali.
Immagine in evidenza: illustrazione artistica della missione Lisa di Esa che rilevano le onde gravitazionali da una galassia lontana. Crediti: University of Florida / Simon Barke (CC BY 4.0)