Oltre l’85% della fauna del nostro pianeta vive in habitat montani, soprattutto nelle aree ricoperte da foreste. Questo tipo di ambiente naturale è molto fragile e sta subendo profondi cambiamenti sia a causa della crisi climatica, sia per l’espansione di alcune attività umane come l’agricoltura e l’industria del legno. La situazione in cui versano attualmente le foreste di montagna – e la loro biodiversità – non è sfuggita allo sguardo dei satelliti ed è al centro di uno studio appena pubblicato su One Earth, rivista scientifica dedicata alle grandi sfide ambientali di oggi (articolo: “Accelerating global mountain forest loss threatens biodiversity hotspots”).

L’indagine, condotta da un team internazionale, è stata coordinata dalla Scuola di Scienze Ambientali dell’Università SusTech di Shenzhen (Cina). Gli autori hanno utilizzato differenti tipologie di dati, tra cui quelli raccolti da Landsat, programma di osservazione della Terra che vede insieme la Nasa e l’agenzia governativa Usgs (United States Geological Survey) e che è attivo dal 1972, anno di lancio del Landsat 1. La longevità di questo programma satellitare ha permesso al gruppo di lavoro di disporre di un copioso repertorio di immagini in cui determinati luoghi sono stati ripresi su ampie scale temporali: in questo modo è stato possibile seguire l’evoluzione della copertura boschiva dal 2000 al 2018.

Nello specifico, gli studiosi hanno analizzato perdite e incrementi delle foreste montane, prendendo in considerazione le loro differenti tipologie (boreale, temperata e tropicale) e le varie altitudini. In questo modo, sono riusciti a delineare un quadro globale dello stato di salute di queste aree e della loro biodiversità. Lo scenario prospettato dai dati non è roseo: gli ettari di foresta perduti nel periodo preso in esame ammontano a 78,1 milioni. Un tempo, questi boschi erano stati in qualche modo protetti dalla loro collocazione in zone disagevoli; tuttavia, il consumo del suolo che si sta verificando in molte regioni della Terra e l’estensione di zone protette in pianura hanno fatto sì che alcune attività umane (soprattutto l’agricoltura) ‘invadessero’ le aree delle foreste montane. Anche gli incendi (sia dolosi, sia connessi al riscaldamento globale) hanno contribuito pesantemente alla perdita di superfici boscate in alta quota.

Il fenomeno, che ha conosciuto un’impennata tra il 2010 e il 2018, riguarda tutti i continenti ma è evidente soprattutto nel Sudest asiatico; in quest’area è stata attuata una pesante deforestazione per far posto a coltivazioni di palma da olio, alberi della gomma e granoturco. Le foreste montane tropicali, infatti, sono l’habitat che ha subito le perdite maggiori (42% a livello globale); queste aree boschive, però, hanno una più elevata capacità di recupero rispetto alle loro simili presenti nelle zone temperate e boreali. Gli studiosi, nel periodo considerato, hanno riscontrato anche dei segni di ricrescita globale del patrimonio arboreo: il recupero più consistente è avvenuto appunto nelle foreste tropicali.

I boschi montanti situati in aree protette sono riusciti tutto sommato a resistere all’espansione delle attività agricole e hanno subito perdite molto contenute; tuttavia, secondo gli studiosi, il fenomeno può aver influito negativamente sulle specie animali più esposte al pericolo di estinzione. Il gruppo di lavoro ritiene che questa ricerca possa fornire utili spunti per sviluppare adeguati interventi di protezione e di gestione del suolo, considerando nel contempo le necessità e il benessere delle comunità locali.

In alto: le specie minacciate dalla perdita delle foreste montane. Immagine che accompagna lo studio di One Earth (Crediti: Xinyue He et al., One Earth 745 2023)