Il 12 marzo di dieci anni fa, l’Europa è riuscita per la prima volta a determinare una posizione utilizzando Galileo, il proprio sistema di navigazione satellitare. Oggi Galileo è diventato il sistema di posizionamento più preciso al mondo, con un’accuratezza che raggiunge il metro. A farne uso sono all’incirca quattro miliardi di persone, tra cui noi stessi.
Gli inizi
Dietro a questo grande successo ci sono stati molti anni di lavoro. Il primo programma di Esa per lo sviluppo di un’infrastruttura satellitare interamente europea ebbe inizio nel 1993 e comprendeva due fasi, la seconda delle quali divenne poi Galileo. Uno sforzo ben condensato nelle parole di Javier Benedicto, Director of Navigation di Esa: «È veramente servita una combinazione di impulsi tecnici e politici, da parte di Esa e dell’Unione Europea rispettivamente, per far sì che Galileo divenisse realtà». Quasi vent’anni dopo, nel biennio 2011-2012, fu lanciata in orbita la prima coppia di satelliti. Ma era ancora presto per permettere la geolocalizzazione, che richiede almeno quattro satelliti: uno per determinare la latitudine, uno per la longitudine, uno per l’altitudine e un ultimo per la sincronizzazione temporale. «Nei giorni precedenti c’era stato un grande sforzo nei centri di controllo di Galileo […] per configurare in maniera appropriata i satelliti e prepararli per la generazione del messaggio di navigazione che avrebbero trasmesso», spiega Marco Falcone, capo del Galileo First Generation Programme di Esa.
Il primo successo
Il primo calcolo di una posizione da parte di Galileo ebbe luogo nel Navigation Laboratory di Esa, situato presso l’European Space Technology and Research Centre (Estec) nei Paesi Bassi. Un risultato storico, reso possibile da un primo aggiustamento del sistema, il quale «si basava su un’infrastruttura europea interamente nuova ottenuta all’interno del programma GalileoSat di Esa – ricorda Javier Benedicto – dai primi quattro satelliti operativi nello spazio ai due centri di controllo in Italia e in Germania, collegati a una rete di stazioni terrestri situate in territori europei remoti sparsi in tutto il mondo». Dopo questo, non restava che aspettare e sperare che le stelle – o meglio, i satelliti – si allineassero. Ma non appena il quartetto di satelliti apparve sopra l’orizzonte, le antenne ricevettero il loro segnale e fu ottenuta la posizione cercata. «Riuscimmo a ottenere un’accuratezza orizzontale e verticale tra i dieci e i quindici metri», prosegue Benedicto: un risultato sufficiente per decretare il successo dell’infrastruttura, e destinato a migliorare sempre di più con l’aggiunta di nuovi satelliti, sistemi terrestri e affinamenti tecnici.
Il futuro
Ma Galileo non si ferma qui: è già pianificato per i prossimi anni il lancio di altri dieci satelliti di prima generazione, seguito da altri satelliti di seconda generazione, attualmente in costruzione. In questo modo, i cittadini europei e non solo avranno accesso a un sistema di navigazione sempre più preciso e affidabile. Insomma, come afferma Benedicto, «il meglio deve ancora arrivare».
Immagine in evidenza: illustrazione del sistema Galileo. Crediti: Esa – J.Huart