Le zone costiere, habitat notoriamente minacciato dalla crisi climatica, tornano di nuovo al centro dell’attenzione per un recente studio di Nature Geoscience mirato a indagare la connessione tra fenomeni naturali, come El Niño, e lo stato di salute delle coste sabbiose (articolo: “Pacific shoreline erosion and accretion patterns controlled by El Niño/Southern Oscillation”).
Lo studio, basato su dati satellitari e strumenti informatici, è stato svolto da un team di esperti del Laboratorio di Ricerca sulle Acque dell’Università del Nuovo Galles del Sud (Australia). Nello specifico, sono state utilizzate le informazioni raccolte da Landsat, programma di osservazione della Terra che vede insieme la Nasa e l’agenzia governativa Usgs (United States Geological Survey) e che è attivo dal 1972, anno di lancio del Landsat 1.
La longevità di questo programma satellitare ha permesso al gruppo di lavoro di disporre di un copioso repertorio di immagini in cui determinati luoghi sono stati ripresi su vaste scale temporali: in questo modo è stato possibile seguire l’evoluzione delle linee di costa sabbiose per capire come esse abbiano risposto alle differenti fasi del fenomeno El Niño (nello specifico, El Niño-Oscillazione Meridionale – Enso, El Niño-Southern Oscillation). In particolare, gli studiosi hanno preso in considerazione i litorali dell’intero Oceano Pacifico, dalla costa orientale dell’Australia sino a quelle della California e del Cile.
Enso è un fenomeno climatico naturale che produce variazioni nelle temperature superficiali delle acque del Pacifico; la fase calda – nota come El Niño – e quella fredda – La Niña – influenzano gli schemi meteorologici che, a seconda del ciclo, si presentano lungo le varie linee di costa. Durante questi periodi, l’erosione dei litorali può intensificarsi e diventare una minaccia concreta per gli ecosistemi, i centri abitati e le attività economiche. Gli autori del saggio evidenziano come tali processi – sino a questo momento – non siano stati analizzati a livello globale, ma solo locale e con rilievi effettuati in situ.
La tecnologia spaziale ha fatto quindi la differenza: contando su un punto di vista privilegiato e sulla possibilità di estendere le osservazioni su lunghi archi temporali, i satelliti hanno potuto fornire preziose informazioni su oltre 80mila spiagge, distribuite lungo più di 8mila chilometri di coste. Il team della ricerca ha utilizzato i dati Landsat degli ultimi 38 anni e ha sviluppato un nuovo strumento informatico – CoastSat – per riuscire a trarre dalle foto satellitari il maggior numero di informazioni.
Lo strumento, che combina Intelligenza Artificiale e processamento delle immagini, ha permesso agli scienziati di avere un quadro esaustivo dell’andamento degli arenili: quelli della costa sudorientale dell’Australia si ritirano durante La Niña e si estendono quando è attivo El Niño, mentre avviene l’inverso sull’altro lato del Pacifico.
Il gruppo di lavoro ritiene che comprendere l’impatto di questi cicli sulle varie zone costiere può consentire di intervenire in anticipo per tutelare le aree maggiormente esposte al rischio di erosione. Il team intende sviluppare ulteriormente la ricerca, utilizzando anche le immagini dei litorali scattate dai cittadini-scienziati nell’ambito del progetto CoastSnap.
In alto: un tratto della costa della Bassa California visto da Landsat 8 (Crediti: immagine Nasa Earth Observation, Joshua Stevens – dati Landsat della Usgs).