Si nascondono alla vista sotto una coltre gelida spessa svariati chilometri, ma questo non impedisce loro di essere in costante movimento e di influenzare l’ambiente che li circonda: si tratta dei laghi e dei fiumi subglaciali dell’Antartide, tenuti sotto controllo via satellite nel quadro di un più ampio monitoraggio sull’evoluzione delle piattaforme glaciali anche in rapporto all’andamento del clima.

A vegliare sul ‘Continente Bianco’ è CryoSat, missione dell’Esa lanciata nel 2010 e, come suggerisce il suo nome, dedicata completamente allo studio delle coperture glaciali. I dati raccolti dall’altimetro del satellite – in dieci anni di attività – sono stati utilizzati dalla comunità scientifica per approfondire il comportamento della rete delle acque che si estende sotto il ghiacciaio Thwaites. Quest’area, ampia quasi 120 chilometri, è una delle più fragili dell’Antartide ed è tenuta particolarmente sotto osservazione (in alto: il ghiacciaio visto da Sentinel-2 – crediti: Copernicus Sentinel data (2020), processed by Esa – Cc By-Sa 3.0 Igo). 

I dati di CryoSat hanno messo in rilievo come i laghi sotto Thwaites si siano svuotati e di nuovo riempiti in rapida successione. Il fenomeno è stato illustrato in un recente studio, coordinato dalla Scuola di Geoscienze dell’Università di Edimburgo e pubblicato su Geophysical Research Letters (articolo: “Repeat Subglacial Lake Drainage and Filling Beneath Thwaites Glacier”). L’acqua di fusione presente nelle pieghe più nascoste di un ghiacciaio è il frutto di due processi: il riscaldamento da frizione che si verifica quando il ghiaccio scorre sul suo letto roccioso e il calore geotermico che proviene dalla zona sottostante a tale sostrato. L’acqua di fusione, quindi, può essere indicativa sia delle condizioni del letto roccioso, sia del livello del flusso di calore geotermico, un valore di difficile misurazione.

La rete delle acque subglaciali, benché celata alla vista umana, produce dei piccoli movimenti sulla superficie glaciale che possono essere efficacemente monitorati dallo spazio, proprio come è avvenuto con CryoSat. Le informazioni raccolte dal satellite evidenziano che sotto Thwaites si nascondono ben 4 laghi, dei quali il più grande si estende per oltre 40 chilometri. Nel 2013 e di nuovo nel 2017 questi bacini si sono svuotati e poi riempiti: un fenomeno mai riscontrato in precedenza, caratterizzato da un tasso di drenaggio che ha raggiunto valori estremamente elevati (addirittura 500 metri cubici al secondo). Gli studiosi sono rimasti sorpresi per il ripetersi del fenomeno ad una distanza di tempo così breve e hanno notato che nel 2017 il movimento dell’acqua è stato molto più rapido, con un flusso più abbondante. Nei quattro anni intercorsi potrebbero essersi verificate profonde modifiche nel sistema subglaciale di Thwaites e questo potrebbe spiegare il cambiamento osservato nel 2017.

I dati di CryoSat hanno consentito ai ricercatori di valutare il tasso di fusione alla base di Thwaites; mettendolo a confronto con i valori ottenuti con i modelli informatici, hanno notato che questi ultimi erano decisamente sottostimati (di circa il 150%). Quindi, il gruppo di lavoro ritiene che la nuova indagine sia di grande aiuto per rivedere i modelli in questione e migliorare la conoscenza dell’intero sistema subglaciale. Anche in questo caso la tecnologia spaziale ha fatto la differenza, consentendo di studiare aree di difficile osservazione con altri mezzi: quello che avviene sotto le piattaforme glaciali, sostengono gli autori del saggio, è di importanza cruciale per capire come queste strutture rispondano ai cambiamenti climatici, soprattutto in rapporto all’innalzamento del livello dei mari.