Tutto secondo i piani: la capsula Orion di Artemis I è rientrata con successo sulla Terra ieri, 11 dicembre, alle 18:40 ora italiana. Con uno splashdown nell’Oceano Pacifico, la navicella Nasa ha concluso e superato così la sua prima impresa lunare, un’avventura dimostrativa di 25 giorni lungo un percorso di oltre 2,2 milioni di chilometri. Nello spazio profondo Orion ha testato i suoi sistemi prima di far volare un equipaggio su Artemis II. Il rientro a Terra è avvenuto completamente in sicurezza, superando un’ultima sfida per nulla scontata: 40 minuti prima di entrare in atmosfera, la capsula si è sganciata dal Modulo di Servizio Europeo di Esa, che ha spinto Orion attorno alla Luna e nello spazio profondo.

Il modulo dell’equipaggio ha quindi guidato autonomamente fino all’ammaraggio. Entrato in atmosfera a 40mila chilometri all’ora, in circa 20 minuti ha rallentato fino a soli 32 chilometri all’ora. Il suo tuffo nel blu è stato quindi assistito da tre paracadute. Nella sua discesa in atmosfera, Orion ha resistito a temperature superiori a 2500 gradi celsius, circa la metà delle temperature superficiali del Sole. Con un rientro effettuato esattamente 50 anni dopo l’allunaggio dell’Apollo 17, l’ultima missione lunare con equipaggio, l’azione dimostrativa di Orion è stata da record: rimasta nello spazio più a lungo di qualsiasi altro veicolo per astronauti senza agganciarsi a una stazione spaziale, la navicella si è spinta oltre i 432mila km di distanza dalla Terra, dove nessuna capsula per il volo umano è mai arrivata.

Dopo l’ammaraggio, Orion è stata esaminata dai tecnici per circa due ore mentre era ancora in acqua, per raccogliere informazioni sulla fase di rientro, dato il calore rovente affrontato in atmosfera. Una perizia su navicella e scudo termico che continuerà per mesi al Kennedy Space Center, dove Orion giungerà nei prossimi giorni. L’indagine scrupolosa dovrà garantire un ritorno in sicurezza dell’uomo sulla Luna, ormai il prossimo obiettivo del programma Artemis.