Riflessioni multiple, ben argomentate e documentate per spiegare il valore della Space Economy come la nuova frontiera dello sviluppo. A sessantuno anni dal primo volo umano in orbita terrestre, le attività spaziali hanno creato valore e benefici per l’umanità. Settore prevalentemente a finanziamento pubblico, la conquista dello spazio ha determinato, nella geopolitica terrestre, il prevalere di alcuni stati su altri in termini di superiorità strategica, economica e di difesa o di prestigio. Da qualche decennio, però, non sono più le sole istituzioni pubbliche a giocare il ruolo di primi attori: l’ingresso dei privati con ingenti capitali cambia i rapporti di forza. Dietro l’angolo, l’astro-diplomazia che potrebbe rendere labili le attuali implicazioni della tradizionale geopolitica fino a dissolverle. L’entrata in campo di operatori privati, che in alcuni settori spaziali detengono un monopolio indiscusso e dettano le regole, non è frutto di immaginazione: l’intervento di Elon Musk nell’offrire la copertura satellitare gratuita per la connessione internet all’Ucraina, coinvolta nell’attuale scenario di guerra in Europa contro la Russia, entra a gamba tesa nello scacchiere degli equilibri mondiali. Comprendere come lo spazio sia la nuova frontiera dello sviluppo economico – uno dei pochi asset strategici oltre l’approvvigionamento di fonti energetiche o di materie prime, il controllo militare e la tutela dell’ambiente, monitorando i cambiamenti climatici – passa dall’avere disponibili l’utilizzo di capacità non terrestri: le tecnologie spaziali sono un atout per prendere decisioni su molti fronti “caldi” del nostro convivere in questo spazio terrestre e oltre.

La conquista della Luna, con basi lunari robotizzate o anche abitate da umani, o l’intraprendere viaggi interplanetari necessitano di investimenti in capacità di lancio, robotica, comunicazione e navigazione per insediamenti e ricerche in ambienti estremi, capacità di riutilizzo di materie prime per la sopravvivenza umana: le prove si stanno facendo oggi sulla Stazione Spaziale Internazionale  alla quale seguiranno, a breve, nuove esperienze di abitabilità su avamposti spaziali, questa volta commerciali.

Turisti, scienziati, imprenditori, lo spazio è la nuova America di Colombo, nel bene e nel male. Così come allora, la differenza la faranno i privati e le loro intuizioni visionarie.

Nell’ultima opera di  Simonetta Di Pippo, “Space Economy, La nuova frontiera dello sviluppo” per Bocconi University Press – con la prefazione di Giovanni Caprara – grazie a una più che trentennale esperienza dell’autrice a livelli internazionali, si viene immersi nel cuore di un mondo che produce ricchezza e ha impatti nelle relazioni politiche internazionali.

L’economia dello spazio produce simmetrie che possono mutare in modo imprevedibile e che devono essere presidiate con la cooperazione, il negoziato e nuove regole, sempre più necessarie.

Lo stile colloquiale permette di appropriarsi di una visione dell’insieme delle capacità tecnologiche, scientifiche e imprenditoriali che creano fermento nella nuova era di un nuovo sviluppo economico. L’attenzione alle problematiche non ancora risolte non viene censurata, anzi: si parla di orbite congestionate da detriti spaziali, necessità di accordi e nuove regole in vista della promettente commercializzazione di nuove conquiste extra terrestri, la difesa planetaria, il coordinamento del traffico spaziale, solo per citare alcuni temi di grande attualità.

C’è molto da fare in questo emergente settore che ha fornito all’umanità conoscenze ormai mature per essere governate e indirizzate. Per comprendere come la Space Economy quoti ad oggi 469 miliardi di dollari a livello globale, la lettura di “Space Economy, la nuova frontiera dello sviluppo” è un passaggio obbligato per chi dell’economia spaziale vuole comprenderne l’evoluzione in un futuro che è ormai dietro l’angolo.