È una minaccia che tiene sotto scacco gli insediamenti costieri e le popolazioni ivi residenti, nonché le attività economiche che si svolgono in tale contesto e gli ecosistemi: stiamo parlando dell’innalzamento del livello di mari e oceani, dovuto al cambiamento climatico che incide negativamente sia sulle masse glaciali della Terra, sia sulle acque stesse.

Infatti, lo scioglimento – e la conseguente perdita di massa – delle gelide calotte dell’Antartide e della Groenlandia e dei ghiacciai montani è la principale causa del cambiamento nei livelli marini; ad essa si aggiunge l’espansione termica dell’acqua dovuta al riscaldamento degli oceani, che è responsabile di circa la metà dell’innalzamento verificatosi negli ultimi 25 anni. Secondo l’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), un organismo delle Nazioni Unite dedicato a studi sul mutamento climatico, il livello delle acque si è alzato più rapidamente dal 1900 in poi che nei secoli precedenti.

Un fenomeno così insidioso, che sta costringendo numerosi stati costieri a progettare misure di difesa e mitigazione, è naturalmente monitorato dallo spazio. La tecnologia spaziale, infatti, fa la differenza: contando su un punto di vista privilegiato, i satelliti possono effettuare una vasta gamma di misurazioni che permettono di studiare l’andamento delle acque con un dettaglio inedito. Inoltre, i dati satellitari possono essere proficuamente utilizzati per applicazioni e modelli informatici mirati a prevedere l’evoluzione dei livelli marini e oceanici.

I modelli e il loro livello di precisione nel rappresentare le condizioni dei mari sono al centro di un recente studio pubblicato su Atmospheric and Oceanic Science Letters (articolo: “Performance of CMIP6 models in simulating the dynamic sea level: Mean and interannual variance”); l’indagine è stata curata dal South China Sea Institute of Oceanology di Guangzhou e si è basata su dati altimetrici da satellite, utilizzati per verificare le performance delle simulazioni. Infatti, i modelli realizzati con le tecnologie maggiormente all’avanguardia sono uno strumento fondamentale per comprendere quanto si innalzeranno le acque e in quanto tempo; tuttavia, secondo gli autori dello studio, un problema ancora aperto in questo campo è connesso all’effettiva capacità dei modelli nel rappresentare le variazioni nei livelli marini.

Il team della ricerca ha effettuato una valutazione della resa di tali simulazioni su quelle relative alle acque comprese tra 40° di latitudine nord e 40° di latitudine sud. I risultati dell’indagine mostrano che i modelli dedicati fenomeni di innalzamento a lungo termine hanno lavorato relativamente bene; invece, sono state riscontrate delle criticità nei casi in cui i modelli cercano di riprodurre le variabili nei livelli marini. Ad esempio – sottolineano gli studiosi – quasi tutte le simulazioni considerate sottostimano i segnali interannuali al di sopra delle aree subtropicali dove prevalgono delle forti correnti occidentali, definite correnti-limite (boundary currents).

La causa di questa criticità sarebbe dovuta a errori di interpretazione dei processi oceanici connessi alla risoluzione relativamente bassa di simulazioni storiche; i ricercatori hanno notato che un incremento della risoluzione riduce tale criticità, soprattutto quando si considerano le aree vicine alle coste.Gli studiosi ritengono che comprendere le cause di questi errori di interpretazione sia fondamentale per migliorare le capacità delle simulazioni, nella prospettiva di realizzare uno strumento sempre più efficace nel tenere sotto controllo un fenomeno così devastante.

 

In alto: le zone della Terra maggiormente minacciate dal livello delle acque (Crediti: Hongyin Chen, State Key Laboratory of Tropical Oceanography, South China Sea Institute of Oceanology, Chinese Academy of Sciences, Guangzhou, China)