L’anomalo segnale GW190521, le onde gravitazionali osservate dagli interferometri Ligo e Virgo nel 2019, potrebbe derivare dalla fusione di due buchi neri che ruotavano l’uno intorno all’altro con orbite allungate piuttosto che circolari.

È quanto suggerisce una ricerca condotta da un team di ricercatori dell’Università di Torino e della sezione dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) di Torino, insieme a colleghi dell’Università Friedrich Schiller (Fsu) di Jena, in Germania.
Lo studio, pubblicato su Nature Astronomy, propone per la prima volta risultati a sostegno di un modello di cattura dinamica tra i due buchi neri alla base della genesi del sistema binario rilevato, e dalla cui fusione sono state generato le onde gravitazionali osservate.

La fusione di due buchi neri è un evento cosmico in grado di rilasciare tanta energia da scuotere lo spaziotempo. Le onde generate dallo scontro sono chiamate gravitazionali e sono state osservate per la prima volta nel 2015. Una volta prodotte, queste viaggiano per tutto l’universo e possono essere misurate anche a migliaia di anni luce di distanza.

GW190521 è l’evento di onde gravitazionali rilevato il 21 maggio 2019 dai due interferometri statunitensi Ligo e da quello europeo Virgo ospitato in Italia. Inizialmente, in linea con altri segnali precedentemente misurati, questo segnale era stato interpretato come il risultato di una collisione tra due buchi neri che si muovevano in orbite quasi circolari l’uno intorno all’altro. Circolarità che si manifesta quando i buchi neri protagonisti dello scontro sono entrambi resti di stelle massicce in sistemi stellari binari, di cui mantengono l’orbita circolare anche dopo il collasso delle masse stellari.

L’evento di onde gravitazionali GW190521 si pensa, tuttavia, sia stato generato da un evento significativamente diverso. Con il fine di trovare una spiegazione alternativa e una ipotesi del nuovo scenario, i ricercatori hanno utilizzato una combinazione di metodi analitici all’avanguardia e simulazioni numeriche su supercomputer, riuscendo così a calcolare diversi modelli per questa collisione cosmica.

«L’analisi di un particolare segnale registrato il 21 maggio 2019 dalle collaborazioni Ligo e Virgo ha fatto emergere delle differenze rispetto ai dati su cui siamo abituati a confrontarci – afferma Alessandro Nagar, ricercatore della sezione Infn di Torino – La forma e la brevità (meno di un decimo di secondo) del segnale associato all’evento inducono, infatti, a ipotizzare una fusione istantanea tra due buchi, avvenuta in mancanza di una fase di spiraleggiamento».

Il modello utilizzato finora per spiegare come le onde gravitazionali generate dallo scontro di due buchi neri prevede tre diverse fasi per tale processo di fusione: un iniziale spiraleggiamento che consiste nella vorticosa rotazione dei buchi neri uno intorno all’altro; il momento centrale di fusione; infine, l’espansione e la stabilizzazione del nuovo e più grande buco nero generato dallo scontro.

Il nuovo studio dell’evento GW190521 ha invece ipotizzato una fusione tra i due buchi neri come conseguenza di uno scontro diretto, non preceduta quindi dal tipico spiraleggiamento riscontrabile nell’andamento dei segnali rivelati fino a oggi.
Secondo gli esperti, dietro l’evento GW190521 si celerebbe, dunque, una peculiare cattura dinamica tra i due buchi neri, un processo molto raro che avverrebbe in ambienti molto densi, come gli ammassi stellari, dove i buchi neri binari possono formarsi. Tale ipotesi spiegherebbe le elevate masse dei due buchi neri progenitori coinvolti, pari a circa 85 e 60 masse solari, le quali non sarebbero teoricamente consentite come risultato di un collasso stellare: in un ambiente stellare molto denso, tuttavia, i due buchi neri potrebbero essere andati incontro a eventi di fusione precedenti aumentando così la loro massa.

Pur essendo la formazione di un sistema binario per mezzo della cattura dinamica uno scenario contemplato anche dalla Relatività Generale, la ricerca ha sviluppato per la prima volta un quadro relativistico generale per la fusione eccentrica di buchi neri e ha ne verificato le previsioni utilizzando simulazioni delle equazioni di Einstein.

Immagine in evidenza: simulazione numerica che rappresenta la curvatura dello spaziotempo durante la fusione dei due buchi neri. Crediti: AG Bernuzzi/Universität Jena