Per la prima volta è stato osservato l’anello polveroso più interno di un buco nero supermassiccio con un dettaglio così fine e una strategia di indagine finora impensabili: la polvere che costituisce questa struttura a forma di disco ha reso, infatti, almeno fino a oggi, l’anello impenetrabile alle indagini che hanno cercato di studiarlo orizzontalmente, ossia dai bordi esterni alla regione più interna. Da sempre inafferrabile, per osservare l’interno dell’anello un team internazionale di scienziati ha utilizzato la più alta risoluzione spaziale nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso mai realizzata per un oggetto extragalattico.
La ricerca, pubblicata su The Astrophysical Journal, conferma la struttura piatta dell’anello e fornisce informazioni rilevanti su come questa regione centrale interagisce con il resto della galassia.

Al centro di ogni grande galassia si pensa ci sia un buco nero supermassiccio che trascina verso sé il materiale circostante. Le polveri e i gas attratti formano una struttura calda e luminosa a forma di disco che, secondo gli esperti, rappresenterebbe il ‘motore’ responsabile dell’attivazione di questi fagocitatori galattici. Divorando ciò che lo circonda, spesso un buco nero emette un’enorme quantità di radiazioni, un getto espulso lungo una direzione ad angolo retto rispetto all’anello di gas e polvere circostante.

Finora, la struttura piatta e discoidale non era mai stata osservata direttamente da una prospettiva perpendicolare rispetto alla direzione del getto, in quanto il pulviscolo oscura la nostra vista agendo come una fitta nebbia. Infatti, se da un lato la polvere riscaldata emette radiazione termica infrarossa, dall’altro essa stessa assorbe la luce, oscurando, così, il sistema e rendendo la sua regione più interna impenetrabile al nostro sguardo: vedere un disco polveroso dai bordi piuttosto che frontalmente è risultato fino a oggi un’impresa decisamente ardua.

Il suo rilevamento richiede, infatti, una risoluzione spaziale molto elevata nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso e, allo stesso tempo, un grande sistema di telescopi disposti in modo adeguato per osservare gli oggetti con diversi orientamenti.

Nel tentativo di indagare il disco di polvere al centro della galassia NGC 4151, la soluzione adottata dai ricercatori è stata quella di utilizzare il Chara Array, interferometro ottico della Georgia State University in grado di fare operare insieme i 6 telescopi dell’Osservatorio Mount Wilson dove lo strumento è situato. L’interferometria unisce i 6 telescopi, ciascuno con uno specchio di 1 metro di diametro, rendendoli un unico grande investigatore e ottenendo, così, una risoluzione spaziale pari a quella di un telescopio molto più grande.

Le osservazioni hanno confermato che la struttura interna dell’anello al centro di NGC 4151 è effettivamente piatta e perpendicolare al getto espulso dal buco nero. Un’indagine a lunghezze d’onda infrarosse leggermente superiori ha mostrato, inoltre, che la regione esterna più ampia risulta allungata lungo il getto e non ad angolo retto con esso. Un’evidenza che suggerisce la presenza di un vento polveroso soffiato verso la direzione del getto.

Immagine in evidenza: l’inafferrabile anello polveroso rilevato orizzontalmente al centro della galassia NGC 4151 grazie all’interferometro ottico Chara Array Crediti: Georgia State University