Tutto ciò che possiamo osservare attraverso i telescopi, dalle piccole comete agli ammassi di galassie, è, infatti, solo una piccola parte del cosmo. Circa l’85% della sua massa è, invece, composta da una forma misteriosa di materia, che, a differenza di quella ordinaria di cui pianeti e stelle sono fatti, non emette né assorbe radiazione luminosa. Questa componente prende il nome di materia oscura la quale, seppur invisibile lungo tutto lo spettro elettromagnetico, non è affatto assente nell’Universo.

Concetto coniato negli anni ’30 da Fritz Zwicky, l’astronomo svizzero trovò la prima evidenza sperimentale dell’esistenza della materia oscura osservando le galassie nell’Ammasso della Chioma.

Non solo è presente, ma, secondo i modelli cosmologici attuali, la materia oscura avrebbe avuto un impatto determinante lungo tutte le fasi dell’evoluzione dell’Universo.

Pur risultando ancora oggi a noi sconosciuta la vera natura della materia oscura, tuttavia, la comunità scientifica è concorde nel ritenere che essa sia composta da particelle elementari differenti dai mattoncini fondamentali che costituiscono la materia ordinaria. Sono diversi i candidati tra le nuove particelle che possono spiegare i fenomeni osservati. Tra le teorie più consolidate vi è quella che la Materia Oscura sia composta dalle cosiddette WIMP.

Molto improbabile ma non impossibile: ecco perché sono diverse e molteplici le tecniche di ricerca con le quali si spera un giorno di riuscire a rilevare sulla Terra le particelle Wimp.

 Questa sfida include anche indagini spaziali, con cui ricercare nel cosmo le tracce lasciate da particolari interazioni tra due particelle di materia oscura. Queste, quando si autodistruggono, producono, infatti, particelle di materia ordinaria che noi siamo in grado di rilevare. Sono numerose le ricerche in questo campo che vedono la partecipazione di Asi.

A livello cosmologico, invece, la missione Euclid di Esa ci fornirà la mappa più approfondita della materia oscura su circa un terzo del cielo. Con un lancio previsto nel 2023, Euclid mostrerà tridimensionalmente dove e con quale profondità essa si trova nel cosmo. Una sfida che vede l’importante contributo italiano.

La nostra conoscenza della materia oscura risulta dunque dicotomica: da un lato non abbiamo alcuna chiara evidenza della sua natura e in particolare di che tipo di particella si tratti, dall’altro ci è chiara la sua distribuzione su larga scala nell’Universo. Una forbice ancora molto aperta per un enigma tutto da risolvere.