Ai nastri di partenza l’era 2.0 della caccia agli esopianeti che avrà come obiettivo principale la caratterizzazione dei più promettenti tra gli oltre 4000 esomondi scoperti fino a oggi. Ad aprire le danze il 17 dicembre sarà Cheops, missione europea a forte partecipazione italiana

E’ di pochi giorni fa la notizia della scoperta, apparsa sulla rivista Nature del primo esopianeta gigante scoperto ad orbitare attorno a una stella morente, una nana bianca. Si tratta di un mondo sopravvissuto alla trasformazione della propria stella in una gigante rossa e che ora si trova a ruotare attorno a un sole ormai spento. Una circostanza mai osservata prima d’ora che ci mostra come potrebbe essere il nostro sistema solare tra 5 miliardi di anni quando la nostra stella, esaurito tutto l’idrogeno nel suo nucleo, si trasformerà in una gigante rossa travolgendo alcuni o tutti i suoi mondi figli, per poi spegnersi lentamente.

Ciò per dire che dal 1992 anno in cui per la prima volta si è potuto affermare con certezza che esistono pianeti oltre i confini del nostro sistema solare, di strada se ne è fatta tanta. Da allora ad oggi, le tecniche e gli strumenti per scovare mondi alieni si sono affinati al punto che la lista di esopianeti conta oltre 4000 esemplari. Di questi però, solo una manciata sono candidati ad essere potenzialmente abitabili o paragonabili al nostro mondo in termini di dimensioni, massa, composizione acqua, temperatura, atmosfera, giusta distanza dalla propria stella, fattori chiave questi, quando si parla di abitabilità.

Il compito delle prossime missioni di caratterizzare gli esopianeti più promettenti tra quelli scovati finora, tra queste i satelliti  Cheops  – che sarà lanciata il prossimo 17 dicembre – e Ariel dell’Agenzia spaziale europea, ma anche il James Webb della Nasa. Obiettivo più ambito saranno le atmosfere, la cui composizione chimica cela indizi importanti sull’abitabilità dei pianeti.

Le migliori candidate esoterre, in termini di dimensioni e di massa, individuate ad oggi sono in particolare due, su di esse saranno puntati gli obiettivi dei futuri osservatori per caratterizzarne le atmosfere. Entrambi i pianeti sono situati in un’orbita abitabile rispetto alla stella madre: il più vicino, a 4 anni luci da noi, è Proxima B nel sistema Proxima Centauri, e il più simile in assoluto è Trappist-1e, lontano 40 anni luce. Entrambi figli di una nana rossa attorno alla quale si ipotizza che essi orbitino in rotazione sincrona, cioè rivolgendo sempre la stessa faccia alla propria stella. Quindi seppure simili a noi, sono immersi in un sistema planetario tanto diverso dal nostro, che ad oggi resta l’unico che sappiamo essere abitato. Luoghi in cui la vita, se mai vi fosse, potrebbe anche non essere come noi la conosciamo.