Torniamo con i piedi per terra e soprattutto sul pianeta Terra. Potremmo sintetizzare così, pur sapendo che sarebbe riduttivo, lo spirito dell’ultima opera di Amedeo
Balbi, docente di astrofisica all’Università Tor Vergata di Roma, scrittore e divulgatore scientifico. Il titolo dell’opera Su un altro pianeta, edito da Rizzoli infatti può apparire fuorviante, sembra volerci accompagnare verso un futuro interplanetario per il genere umano. E invece non è così. Anzi, è esattamente il contrario. Nel prologo e nell’epilogo l’autore, in quello che potremmo definire un saggio filosofico se non fosse che non ha nulla di pindarico e di speculativo ma è invece estremamente concreto, l’autore ci fa comprendere la caducità della nostra specie. La vita sulla Terra è ciclica, le specie si estinguono e si creano, e toccherà anche al genere umano è inevitabile. È solo il quando che non possiamo determinare.
Ma c’è un elemento ulteriore sul quale l’autore ci chiama a riflettere: il genere umano è la sola specie che non solo si è adattata all’habitat terrestre, ma che lo sta modificando. Per alcuni questo periodo geologico potrebbe essere chiamato Antropocene, il periodo in cui l’uomo sta “migliorando” la sua qualità di vita sfruttando le risorse del pianeta come fossero infinite, accelerando un processo di modifica dell’habitat terrestre che lo porterà all’estinzione assai prima di quando dovrebbe succedere e cioè
quando il Sole, la nostra stella, inizierà ad essere instabile producendo un innalzamento delle temperature sul nostro pianeta, che porterà a modificare radicalmente il nostro habitat fino a rendere la Terra un pianeta sterile. Ma questo accadrebbe tra un paio di miliardi di anni nel ciclo naturale. La nostra specie si sarebbe già estinta molto probabilmente per altre cause, cause che l’autore evidenzia, i
nsieme a molti altri aspetti che motivano il suo pensiero, perché hanno prodotto le estinzioni nel passato di altre specie. Cause spesso non uniche ma concomitanti. Come è frutto di una serie di coincidenze la vita sul nostro pianeta. Una vita, come la conosciamo, che possiamo ritenere, ragionevolmente, assai rara anche se guardiamo a tutta la nostra galassia.
La preservazione del genere umano non passa per l’esodo del genere umano su un altro pianeta. Non c’è un pianeta, oggi tecnologicamente raggiungibile, che possa essere meglio di come sarà la Terra quando sarà sterile. Marte, il luogo dove secondo Elon Musk, e grazie a lui, il genere umano costruirà una colonia, è un pianeta inospitale, dove la sopravvivenza sarebbe questione quotidiana, non di secoli o decenni.
Per non parlare dei molti aspetti tecnologici che dovremmo ancora risolvere perché il viaggio dell’uomo su Marte non sia un suicidio.
In un futuro, che non è prossimo, l’autore non esclude che l’uomo raggiunga soluzioni tecnologiche che lo porteranno a vivere al di fuori del nostro pianeta. Ed esorta a continuare ad investire nella conoscenza. Ma questo potrà accadere solo nel rispetto delle leggi della fisica che rappresentano comunque un limite per l’espansione nel cosmo del genere umano.
Di conseguenza è un errore nascondersi dietro la foglia di fico di essere una specie interplanetaria. Il genere umano ha un solo modo per sopravvivere il più a lungo possibile: convivere con il pianeta Terra, rendere la propria evoluzione compatibile con l’habitat naturale, migliorando le condizioni di tutti.
Quella di Amedeo Balbi non è un’opera di divulgazione scientifica, è un saggio dedicato alla cosciente consapevolezza che dobbiamo avere perché i nostri figli e ancor più i nostri nipoti possano dirsi felici di vivere.
Da leggere assolutamente e … meditate gente, meditate!