Caccia al tesoro aperta per le galassie nane. Ne parla un nuovo studio che, guidato da un team di ricercatori dell’Università della Carolina del Nord, è stato pubblicato su The Astrophysical Journal ed esamina le  galassie nane e i buchi neri  in esse presenti. Tornate alle ribalta, queste entità offrono informazioni rilevanti sia per capire l’evoluzione della nostra galassia, la Via Lattea,  sia sul buco nero super massiccio, Sagittarius A* (Sgr A*); la prima attesissima immagine di Sgr A*, svelata lo scorso 12 maggio, è stata ottenuta da Event Horizon Telescope (Eht), grazie a una collaborazione internazionale con una forte partecipazione italiana.

La Via Lattea è una galassia a spirale gigante e si ritiene sia stata costituita dalla fusione di molte galassie nane più piccole, una sorte che, in futuro, attende anche le Nubi di Magellano. Ogni galassia nana che viene catturata, può portare con sé un enorme buco nero centrale: questi oggetti, grandi decine o centinaia di migliaia di volte la massa del nostro Sole, sono potenzialmente destinati ad essere inghiottiti da Sgr A*.

Lo studio sgombra il campo da precedenti dubbi, rivelando che i buchi neri massicci sono molto più comuni nelle galassie nane di quanto si pensasse in precedenza. «Questo risultato mi ha davvero sconvolto perché questi buchi neri in precedenza si nascondevano pur stando in bella vista», ha affermato Mugdha Polimera, autrice principale dello studio e ricercatrice presso la suddetta università.

I buchi neri vengono in genere rilevati quando crescono attivamente ingerendo gas e polvere di stelle che vorticano intorno a loro; il ‘banchetto’ infatti li fa brillare intensamente. «Proprio come le lucciole, vediamo i buchi neri solo quando sono illuminati, quindi quando stanno crescendo. Quelli illuminati ci danno un’idea di quanti di loro ancora non possiamo vedere», afferma Sheila Kannappan, coautrice dello studio e docente anch’essa in forze all’Università della Carolina del Nord.

Il fatto è che anche le giovani stelle brillano: per questo nei precedenti studi gli astronomi hanno differenziato i buchi neri in crescita dai baby astri, utilizzando test diagnostici che si basano su caratteristiche dettagliate della luce visibile di ciascuna galassia, quando è distribuita in uno spettro come un arcobaleno. Quegli stessi test diagnostici sono stati applicati per l’osservazione dei buchi neri supermassicci. Il lavoro di diagnosi rilevava messaggi contrastanti: due test indicavano la crescita di buchi neri, ma un terzo rilevava solo la formazione di stelle.

Chris Richardson, professore associato alla Elon University, ha confermato con simulazioni teoriche che i risultati confusi del test corrispondevano esattamente a ciò che la teoria avrebbe previsto per una galassia nana di composizione primordiale, culla di nuove stelle e con al centro un enorme buco nero in crescita. Polimera ha accettato la sfida di costruire un nuovo censimento dei buchi neri in crescita, con attenzione sia ai tipi di messaggi tradizionali che a quelli contrstanti. Il risultato è una mappatura in cui più dell’80 per cento di tutti i buchi neri in crescita si trova al centro di galassie nane.

Lo studio ha consentito agli scienziati di esaminare questi buchi neri – prima sconosciuti – che costituiscono i mattoni di base dei buchi neri super massicci come quello al centro della nostra Via Lattea.

In apertura: una rappresentazione dei nuovi ed enormi buchi neri scoperti che  risiedono nelle galassie nane, dove la loro radiazione compete con la luce di abbondanti giovani stelle. Credit: Nasa & Esa/Hubble, concezione artistica del buco nero con jet di M. Polimera.