Il sottotitolo la dice lunga sulla complessità delle tute spaziali sia quelle utilizzate nelle fasi di lancio e rientro sia quelle usate nelle attività extraveicolari. Sono infatti delle vere e proprie astronavi che permettono agli uomini e alle donne di lavorare nello spazio isolati e protetti da un ambiente che è il massimo dell’ostilità nei confronti della vita. Senza le tute spaziali di qualunque genere oggi la storia della conquista dello spazio sarebbe stata completamente diversa.

Nel testo si trovano elencate tutte le diverse versioni utilizzate dagli esploratori spaziali delle nazioni che fino ad oggi si sono cimentate in questo settore come la Russia, gli Stati Uniti e la Cina. Ovviamente tutte le tute utilizzate dagli astronauti hanno subito nel corso degli anni delle notevoli evoluzioni che vengono qui descritte con dovizia di particolari. Un libro scritto a sei mani da esperti che mettono in luce un settore, come quello delle tute spaziali, poco conosciuto ma di fondamentale importanza in ogni volo oltre l’atmosfera del nostro pianeta.

Sia sovietici che americani però, nel contesto delle loro missioni, hanno comunque peccato di “ostentata sicurezza” togliendo ai loro esploratori del cielo, per un certo periodo di tempo, le tute. Per i russi fu giocoforza toglierle ai cosmonauti della prima missione Voskhod, svoltasi nell’ottobre del 1964, in quanto erano stipati in tre in una capsula disegnata per portare un solo uomo fuori dall’atmosfera terrestre. Far indossare loro delle ingombranti tute sarebbe quindi stato impossibile. In quella missione i tre vestivano una sorta di tuta ginnica ed una leggera cuffia contenente i sistemi di comunicazione. Questo andò avanti fino al 1971 quando nonostante una nuova e più ampia capsula la Soyuz, i russi continuavano a decollare e rientrare usando banali tute sportive. Il malfunzionamento di una valvola di equalizzazione della pressione nelle fasi di rientro della Soyuz 11 depressurizzò in pochi istanti la capsula uccidendo i tre sfortunati occupanti. Se avessero indossato una tuta spaziale oggi potrebbero raccontare quell’avaria, seppur grave, come uno dei tanti episodi che accadono nel corso di un volo spaziale.

Analogamente fecero in occidente gli americani dal 1982. La Nasa aveva da poco terminato i quattro voli di qualifica della navetta spaziale durante i quali gli astronauti indossavano delle voluminose tute. Dalla missione Sts-5 Columbia, acquisita la confidenza con la navetta, si cambiò e da quel momento l’abbigliamento era costituito da una semplice tuta sportiva azzurra simile a quella russa con in più un casco che, più che per protezione, era adibito a contenere i microfoni e gli auricolari. Tutto questo fino alla tragedia dello Space Shuttle Challenger nel gennaio del 1986 che riportò la Nasa, da lì in poi, a far indossare in tutte le missioni una tuta spaziale nelle fasi di lancio e di rientro. Va precisato comunque che, nel caso dell’esplosione del Challenger poco dopo il decollo, indossarle non avrebbe purtroppo cambiato il destino dei 7 astronauti. Oggi con l’arrivo sul palcoscenico spaziale di nuovi attori, prevalentemente privati, la varietà delle tute si è ampliata restando però in tutte la caratteristica principale ossia quella di preservare la vita ai navigatori del cosmo.

Carlo Di Leo, Antonio Lo Campo e Giorgio Lucarelli – Ibn Editore, 2021, euro 24,00