Svelata la prima immagine del buco nero supermassicio nel centro della Via Lattea.
L’attesissima immagine è stata ottenuta da Event Horizon Telescope (Eht), collaborazione internazionale con una forte partecipazione italiana, ed è stata mostrata oggi per la prima volta durante diverse conferenze simultanee in tutto il mondo.
L’immagine di Sagittarius A* (Sgr A*), così si chiama il supermassiccio nel cuore della Via Lattea, viene svelata 3 anni dopo la prima storica immagine di un buco nero, scatto realizzato e diffuso nel 2019 sempre da Eht ma con protagonista il supermassiccio M87*.

La rivelazione di oggi fornisce la prima prova visiva diretta che al centro della nostra galassia vi sia un buco nero; ipotesi avanzata dagli scienziati negli ultimi decenni dopo l’osservazione nel centro della Via Lattea di alcune stelle che orbitano intorno a qualcosa di invisibile, compatto e molto massiccio. Questa nuova immagine conferma che l’oggetto ipotizzato è effettivamente un buco nero.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati in una serie di articoli su The Astrophysical Journal Letters.
Alla collaborazione Eht partecipano anche ricercatori dell’Inaf, Infn, dell’Università Federico II di Napoli e dell’Università di Cagliari.

Sgr A* si trova a circa 27mila anni luce di distanza dalla Terra e scrutarlo nel cielo è come cercare di osservare una ciambella sulla Luna dalla superficie terrestre.
Il ‘nostro’ buco nero è molto più piccolo di M87*: ha, infatti, una massa pari a quattro milioni di volte quella del Sole, risultando circa 1500 volte meno massiccio del primo buco nero fotografato in assoluto. M87*, distante 55 milioni di anni luce, ha invece una massa pari a 6,5 miliardi di volte quella del Sole.

Come nel caso di M87*, anche l’immagine di Sgr A* mostra l’ombra del buco nero, una regione circolare scura attorno alla quale è visibile, però, un anello brillante. Questo è la corona di fuoco costituita dal materiale surriscaldato che orbita attorno al buco nero, in quanto attratto gravitazionalmente, ma senza cadere nel fagocitatore galattico.
L’ombra del buco nero ci appare a tutti gli effetti come un ingrandimento, circa 2,5 volte di più, dell’orizzonte degli eventi, ossia la regione in cui nulla, luce e materia, scappa all’attrazione del buco nero.

La nuova scoperta targata Eht è un’ulteriore conferma della Teoria della Relatività Generale, non solo in quanto conferma la predizione dei buchi neri ma anche per avvalorare un’altra previsione formulata da Einstein: l’ombra del buco nero è proporzionale alla sua massa. La scoperta fornisce così ulteriori preziosi indizi sul funzionamento di questi giganti misteriosi.

«Siamo rimasti sbalorditi da quanto le dimensioni dell’anello concordassero con le previsioni della Teoria della Relatività Generale di Einstein — ha dichiarato Geoffrey Bower, scienziato del progetto Eht, dell’Istituto di Astronomia e Astrofisica dell’Academia Sinica di Taipei— Queste osservazioni senza precedenti hanno migliorato notevolmente la nostra comprensione di ciò che accade al centro della nostra galassia e offrono nuovi spunti su come questi buchi neri giganti interagiscono con l’ambiente circostante».

Per poter scrutare i buchi neri, tra le entità più inafferrabili del cosmo, lo sguardo degli scienziati è rivolto alla loro ombra per un semplice motivo: i buchi neri sono completamente bui, il che significa che è impossibile scattare un’immagine diretta di essi. Ciò che può essere invece osservato è il gas e la polvere incandescenti che li circondano, ossia la corona di fuoco.
Inoltre, nonostante siano intrinsecamente grandi, i buchi neri sono così lontani che le loro dimensioni apparenti nel cielo sono estremamente ridotte, anche per qualsiasi telescopio convenzionale. «Catturare l’immagine dell’ombra di un buco nero richiederebbe un telescopio dal diametro di 10 mila km» afferma Elisabetta Liuzzo di Inaf durante la conferenza italiana tenuta da Inaf e Infn a Roma.

Per risolvere questo problema, la collaborazione Eht combina otto radiotelescopi situati in tutto il mondo per formare un unico enorme telescopio virtuale di dimensioni terrestri, attraverso la tecnica chiamata Interferometria di base molto lunga (VLBI) . Eht è riuscita così a osservare Sgr A* per diverse notti nell’aprile 2017, raccogliendo dati per molte ore di seguito, in modo simile alla tecnica fotografica della ripresa a lunga esposizione.

«Le osservazioni forniscono ulteriore supporto al fatto che lo spaziotempo nell’intorno dei buchi neri è descritto da soluzioni della relatività generale, indipendentemente dalla loro massa — commenta Mariafelicia De Laurentis, professoressa di astrofisica presso l’Università Federico II di Napoli e ricercatrice Infn che ha guidato il paper sui test della gravità  — Gli studi sul centro galattico hanno consentito negli anni di eseguire molti test di verifica della relatività generale, ma il risultato presentato oggi è senza precedenti perché permette molte misure originali sulla gravità e di fare nuova scienza sui buchi neri supermassicci e sul loro ruolo nell’evoluzione dell’Universo: abbiamo aperto le porte di un nuovo straordinario laboratorio».

Nonostante la tecnica avanzata messa in campo da Eht, la ricostruzione dell’immagine del buco nero dai dati dei telescopi è un processo decisamente arduo, «come ricostruire una lunga parola solo partendo da poche lettere» afferma Rocco Lico, associato Inaf co-leader di uno dei gruppi che si occupa di analisi dati nell’Imaging working group e Information-technology officer della collaborazione Eht.

Le prime due immagini mai scattate dei buchi neri. A sinistra c’è M87*, il buco nero supermassiccio al centro della galassia Messier 87 (M87), a 55 milioni di anni luce di distanza. A destra, Sagittarius A* (Sgr A*), il buco nero al centro della nostra Via Lattea. Crediti: Eht Collaboration

Un passo ancor più complicato nel caso di Sgr A*: pur essendo entrambi frutti dalla stessa campagna osservativa, realizzata da Eht nel 2017, l’immagine di Sgr A* viene presentata, infatti, con due anni di distanza rispetto a quella di M87*.
Questo perché, nonostante il supermassiccio di casa nostra sia molto più vicino, rispetto ai 55 milioni di anni luce di M87*, l’osservazione della sua ombra deve superare due ulteriori ostacoli: essendo Sgr A* molto più piccolo di M87*, la luce gira attorno a esso in molto meno tempo, ossia pochi minuti. Questa rapidità è il motivo per cui, ripreso con la tecnica simile alla lunga esposizione fotografica, Sagittarius A* si presenta a noi in movimento mentre lo osserviamo. Nel caso di M87*, invece, la luce impiega giorni o settimane per circoscrivere il gigante buco nero, facendolo così apparire immobile mentre lo osserviamo per più tempo. Inoltre, essendo Sgr A* al centro della nostra galassia, il nostro buco nero si nasconde dietro alla coltre interstellare che offusca la nostra visuale sul resto della Via Lattea.
Tutto ciò ha comportato per il team di Eht un ulteriore lavoro di ricostruzione dell’immagine nel caso di Sgr A*.

« Il team ha prodotto milioni di immagini con diverse combinazioni di parametri per i vari algoritmi di imaging, usando grandi infrastrutture di calcolo  — afferma Rocco Lico — In questo processo, è stata anche compilata una biblioteca senza precedenti di buchi neri simulati da confrontare con le osservazioni».

Intanto, il lavoro di Eht, che in totale raggruppa 300 ricercatori da 80 istituti di tutto il globo, non si ferma: lo scorso marzo è stata condotta, infatti, una nuova campagna di osservazione che include tre nuovi radiotelescopi. La strada, ancora più promettente, continua dunque vedendo ancora il nostro Paese fornire una spinta fondamentale.

«Questa scoperta dimostra come le reti collaborative di ricerca internazionale siano fondamentali per il progresso di tutti, di come sia importante per l’Italia farne parte investendo, in modo continuo e stabile negli anni, in grandi infrastrutture di ricerca e di dati, per rafforzarle e implementarle sempre di più» afferma il Ministro dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa.

Immagine in evidenza: la prima immagine di Sagittarius A* (Sgr A*), il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia, la Via Lattea. È la prima prova visiva diretta della presenza di questo buco nero. L’immagine è stata realizzata dall’Event Horizon Telescope (Eht).
Crediti: Eht Collaboration