L’ultima strategia sperimentata dagli astronomi per scovare un esopianeta attorno a una stella è guardare alle macchie stellari. Un team internazionale guidato dall’Università di Yale ha, infatti, elaborato un metodo per identificare con più precisione la velocità di una stella guardando le sue macchie stellari. Combinando osservazioni da Terra, grazie allo spettrometro Expres di Yale, e satellitari in orbita terrestre, effettuate con il telescopio della missione Nasa e Mit di Tess, il team ha costruito così una ‘firma di velocità stellare‘ per un controllo dei metodi più tradizionali attraverso cui generalmente si individuano esopianeti.

Uno strumento tra i più diffusi oggi per questa ricerca è lo spettrometro. Questa tecnologia permette di analizzare la velocità radiale di una stella, ossia il movimento lungo la linea di osservazione. Gli astronomi hanno generalmente cercato possibili interferenze di questo segnale, in quanto potrebbero essere dovute all’attrazione gravitazionale di un pianeta in orbita attorno alla stella.

Lo spettrometro, però, ha un limite: l’energia emessa dalle stelle crea in alcune regioni un forte squilibrio energetico e termico che distorce le misurazioni della velocità radiale. Le interferenze dovute all’attività stellare e quelle di eventuali piccoli pianeti rocciosi risultano così irriconoscibili per uno spettrografo.

Il team ha trovato una soluzione a questo problema. In un nuovo studio, grazie alle osservazioni di Tess, i ricercatori hanno ricostruito la superficie di Epsilon Eridani, stella nella costellazione meridionale di Eridanus. In seguito, hanno identificato i suoi punti più scuri, ossia le macchie stellari: le regioni superficiali più fredde di una stella generate da forti campi magnetici.
Infine, questi punti neri sono stati i riferimenti per un calcolo preciso della velocità di Epsilon Eridani. Questa nuova procedura è la chiave elaborata dal team per avere una ‘firma di velocità’ attraverso cui comprendere se le osservazioni degli strumenti tradizionali siano riscontrabili o meno.

«Abbiamo sviluppato un metodo che ti dice che tipo di segnale vedresti con uno spettrometro», afferma Sam Cabot, astronomo di Yale e coautore della ricerca.

I ricercatori hanno poi confrontato le loro ricostruzioni Tess con i dati dello spettrometro Expres raccolti osservando simultaneamente Epsilon Eridani.

«Questo ci ha permesso di legare direttamente i contributi della firma di velocità radiale a caratteristiche specifiche sulla superficie – ha detto Debra Fischer, astronoma di Yale e coautrice della ricerca – Le velocità radiali delle macchie stellari corrispondono perfettamente ai dati di Expres».

Il confronto tra la ‘firma di velocità’ e la velocità radiale analizzata con uno spettrografo permette quindi di comprendere se un’interferenza osservata è di natura stellare o causata dalla presenza di un esopianeta. Ma i successi del team non finiscono qui.

Oltre a Tess, per individuare le macchie solari di Epsilon Eridani il team ha utilizzato l’interferometria, riuscendo nella prima rilevazione interferometrica di una macchia stellare su una stella simile al Sole. Questo ulteriore risultato è stato ottenuto grazie a Chara Array, il più grande interferometro ottico del mondo.

Diversi approcci pionieristici si stanno quindi rivelando la base di uno sviluppo importante delle tecniche per scoprire nuove Terre.

 

Immagine in evidenza: Superficie ricostruita della stella maculata Epsilon Eridani con ogni pannello che mostra la stella avanzata di un quinto della sua rotazione. (Crediti: Sam Cabot)