Immaginate un futuro dove il pianeta rosso è costantemente abitato da colonie di esseri umani, in grado di vivere su Marte e, un giorno, far nascere i primi marziani a milioni di chilometri dalla Terra. Il tutto grazie alle moderne tecnologie della fecondazione in vitro, rese possibili dalla costruzione di una banca del seme spaziale.

Sembra la trama di un film di fantascienza. Eppure secondo un gruppo di scienziati questo scenario non solo è possibile, ma addirittura realizzabile in un futuro neppure troppo lontano. Da tempo si parla della conquista di Marte come di uno dei principali obiettivi delle agenzie spaziali internazionali. La Nasa vuole inviare i primi astronauti sul pianeta rosso entro il 2030, e non mancano i progetti di colonie marziane per una presenza fissa dell’uomo sul nostro vicino planetario.

Adesso un nuovo studio si spinge ancora oltre, affermando che campioni congelati di sperma possono resistere alle condizioni marziane, il che renderebbe possibile la costruzione di una banca del seme interplanetaria. La ricerca, presentata ieri al congresso annuale dell’European Society of Human Reproduction and Embryology a Vienna, suggerisce che un equipaggio di sole donne potrebbe idealmente riprodursi nello spazio senza bisogno di astronauti uomini. Gli scienziati hanno fatto un’indagine preliminare sullo sperma di 10 donatori sani che, esposto a condizioni di microgravità, sembrerebbe mantenere le stesse caratteristiche dei campioni di sperma conservati qui sulla Terra.

“Studi precedenti – commenta Montserrat Boada del Dexeus Women’s Health a Barcellona, che ha presentato i primi risultati – suggerivano una notevole diminuzione della motilità degli spermatozoi ‘freschi’, prodotti direttamente nello spazio. Ma nulla era stato detto sulle condizioni dei gameti umani congelati, trasportati dalla Terra nello spazio.”

Ecco ciò che ha spinto Boada e colleghi a esplorare questa possibilità: con l’aiuto di un piccolo aereo acrobatico, gli scienziati hanno esposto i campioni di sperma alle condizioni di microgravità, effettuando successivamente uno screening di fertilità. Analizzando la motilità degli spermatozoi, la concentrazione e la frammentazione del Dna, non hanno potuto rilevare differenze significative rispetto ai campioni di controllo rimasti a terra.

L’ipotesi di una banca del seme marziana sembrerebbe dunque, almeno in linea di principio, realizzabile. Resta però tutto da valutare l’effetto a lungo termine dell’esposizione dello sperma alle radiazioni spaziali, così come la reale fattibilità di un progetto che, nel nostro immaginario, ha ancora molto di fantascientifico.