Non tutte le galassie hanno tante stelle. Esistono nell’universo galassie caratterizzate da una densità stellare estremamente bassa e dimensioni altrettanto ridotte. Queste piccole entità prendono il nome di galassie nane: esse contano solo qualche miliardo di stelle, contro i 400 miliardi di astri della Via Lattea.
Generalmente compatte, tuttavia le galassie nane rompono a volte questa regola e mostrano un’estensione paragonabile a quella della Via Lattea, se non maggiore. Queste galassie nane ma in formato XXL sono chiamate galassie ultra-diffuse (Udg), sistemi che mantengono una bassissima densità di stelle ma risultano notevolmente espansi in vaste regioni del cosmo.
La bassissima luminosità superficiale che ne deriva rende le Udg entità molto complicate da rilevare.

Come se tutto ciò non bastasse, quando le Udg non si trovano in ambienti tranquilli dell’universo bensì sono accolte in ammassi galattici, generalmente più grandi e più luminosi, esse si trasformano in Udg spente: delle ‘vie lattee fallite’ in quanto incapaci di generare stelle. L’ospitalità dell’ammasso galattico è infatti pagata a caro prezzo: le galassie ricche di stelle rubano il gas diffuso nella Udg che alloggiano, spegnendo così la sua capacità di generare stelle.

In un recente studio pubblicato oggi su Nature Astronomy, un team di astronomi del MIT e dell’Università della California ribaltano questo modello: le Udg spente si trovano anche nel vuoto dell’universo, lontano quindi dalle galassie ladre. Inoltre, sono più diffuse di quello che pensavamo.

Il team ha utilizzato sofisticate simulazioni per scoprire l’origine e la diffusione di queste sfuggevoli entità. La dettagliata simulazione cosmologica, chiamata TNG50, ha prima previsto con successo le Udg con caratteristiche simili alle entità osservate di questa categoria, confermando così la validità del modello simulato.

Dalla simulazione è emerso che nelle regioni vuote dell’universo le Udg spente si trovano in un numero sorprendente rispetto alle attese. Circa un quarto delle Udg qui trovate sono senza stelle.

In seguito TNG50 è stata utilizzata come una macchina del tempo per studiare l’evoluzione di queste galassie, tra le più sfuggevoli dell’universo.

Le Udg spente e allocate nel vuoto dell’universo sarebbero in realtà delle galassie backsplash, ossia entità oggi isolate ma che in passato appartenevano a sistemi massicci. Le Udg spente sarebbero delle galassie erranti che, come una cometa che visita periodicamente il Sole ma trascorre la maggior parte del suo viaggio in isolamento, non sono ancora tornate alla loro regione ospite.

«Le Udg spente, poiché le loro orbite sono così ellittiche, non hanno avuto il tempo di tornare indietro, anche nell’intera età dell’universo. Sono ancora là fuori nello spazio. – dice Laura Sales, astronoma dell’Università della California – Queste galassie nane sono intriganti perché condividono proprietà con la popolazione di satelliti del sistema a cui un tempo appartenevano, ma oggi si osserva che sono isolate dal sistema».

Lo studio è il primo a indagare nelle simulazioni miriade di condizioni – da nane isolate a nane in gruppi e ammassi – per rilevare le Ugd, potendo contare, inoltre, su una risoluzione abbastanza alta per studiare la loro morfologia e struttura.

Le prossime ricerche che il team metterà in campo avranno come obiettivo la comprensione del perché queste galassie siano così estese rispetto ad altre galassie nane con lo stesso contenuto stellare.

«Un sacco di galassie nane in agguato nel buio possono essere rimaste inosservate ai nostri telescopi. –conclude Laura Sales – Speriamo che i nostri risultati ispirino nuove strategie per sorvegliare l’universo a bassa luminosità, il che permetterebbe un censimento completo di questa popolazione di galassie nane».

 

Crediti immagine in evidenza: Vanina Rodriguez