Bennu è un asteroide del nostro sistema solare che, insieme a 1950 DA, è considerato tra i più potenzialmente pericolosi in previsione di un eventuale impatto con la Terra. Scoperto nel 1999, è tra gli oggetti di studio della missione spaziale Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer (Osiris-Rex) della Nasa. Nel caso di Bennu, la sonda ha il compito di analizzare l’orbita degli asteroidi e la composizione di antichi materiali rocciosi per comprendere la storia del sistema solare.

Uno studio pubblicato ieri sulla rivista scientifica inglese Icarus ha presentato i risultati emersi dai dati sul tracciamento del percorso di Bennu rilevato da Osiris Rex. «I dati orbitali di questa missione ci hanno aiutato a comprendere meglio le possibilità di impatto di Bennu nei prossimi due secoli e la nostra visione generale sugli asteroidi potenzialmente pericolosi: un risultato incredibile» ha affermato Dante Lauretta, direttore della missione Osiris-Rex.

Utilizzando il Deep Space Network della Nasa e modelli informatici all’avanguardia, gli scienziati sono stati in grado di mettere a punto teorie più precise sulla futura traiettoria di Bennu. I ricercatori si sono addirittura spinti a ipotizzare la data di possibile collisione con la Terra: il 24 settembre 2182, con una probabilità di impatto pari allo 0,037% (un rischio molto basso, che corrisponde a circa 1 possibilità su 2700). Mentre, per l’anno 2300, la probabilità arriverebbe a 0,057% (1 su 1750).

Parliamo quindi sempre di probabilità minime, ma non nulle. Ecco perché per gli scienziati è fondamentale tenere d’occhio la traiettoria esatta di Bennu, considerando anche come la gravità della Terra potrebbe alterare il percorso dell’asteroide durante un eventuale avvicinamento.

«I dati di Osiris-Rex ci forniscono informazioni molto precise. Possiamo testare i limiti dei nostri modelli e calcolare la traiettoria futura di Bennu», ha affermato Davide Farnocchia, del Centre for Near Earth Object Studies (Cneos) gestito dal Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa in California. «Non abbiamo mai mostrato la traiettoria di un asteroide con questa precisione prima d’ora».

L’evoluzione del percorso di Bennu è quindi determinabile grazie all’acquisizione dei nuovi dati della missione, ma deve considerare alcune variabili. Una di queste è la forza che il calore del Sole genera sul suolo del corpo celeste. L’escursione termica che si produce quando la superficie si raffredda nel periodo notturno dell’orbita crea energia, e quindi una forza, che prende il nome di effetto Yarkovsky. Questa spinta, anche se minima, nel corso del tempo può determinare una deviazione della traiettoria prevista. «L’effetto Yarkovsky su Bennu è equivalente al peso di tre chicchi d’uva che agiscono costantemente sull’asteroide» ha affermato Steve Chesley, ricercatore senior presso il Jpl. «L’effetto Yarkovsky agisce su tutti gli asteroidi di tutte le dimensioni. Osiris-Rex ci ha dato la prima opportunità di misurarlo in dettaglio nel momento in cui Bennu viaggiava intorno al Sole».

Il gruppo di ricerca ha preso in considerazione anche molte altre forze perturbanti: la gravità del Sole, dei pianeti e delle loro lune e di altri asteroidi; la resistenza causata dalla polvere interplanetaria, la pressione del vento solare e gli eventi di espulsione di particelle di Bennu. I ricercatori hanno anche valutato la forza esercitata da Osiris-Rex il 20 ottobre 2020, durante il prelievo Touch-And-Go (TAG) di campioni di materiale, durato 5 secondi. La possibilità che la missione possa aver alterato l’orbita di Bennu, è «impercettibile», conclude lo studio, confermando le stime secondo cui l’evento TAG avrebbe avuto un effetto non rilevante. L’arrivo della sonda sulla Terra, con il materiale asportato da Bennu, è previsto per il 24 settembre 2023.

Informazioni come quelle raccolte da Osiris-Rex sono fondamentali anche per preparare eventuali missioni di difesa planetaria – tecnica che verrà sperimentata per la prima volta nella storia dalla missione Dart della Nasa, in partenza alla fine di quest’anno. La sonda avrà l’obiettivo di verificare la possibilità di modificare l’orbita del più piccolo asteroide del sistema doppio Didymos, attraverso un impatto che avverrà alla velocità di circa 21.000 km/h e a circa 11 milioni di chilometri dalla Terra. Un’operazione che sarà ripresa in diretta dal nanosatellite tutto italiano realizzato dall’Asi LiciaCube, consegnato proprio pochi giorni fa ai laboratori della Johns Hopkins University negli Stati Uniti, in attesa di essere integrato a fine agosto nella sua collocazione finale in preparazione del lancio di Dart.

 

 

Crediti immagine in apertura: NASA/Goddard/University of Arizona