Non c’è pace per il Pine Island, il ghiacciaio situato nella piattaforma occidentale antartica che proprio un anno fa aveva subito il distacco di B46, una porzione ampia oltre 200 chilometri quadrati: due nuove fenditure si stanno facendo largo sulla sua coltre bianca e potrebbero causare un avvenimento analogo.

La scoperta delle due crepe, avvistate per la prima volta all’inizio di quest’anno, si deve ai satelliti delle costellazioni Sentinel-1 e Sentinel-2, che fanno parte della flotta ideata nell’ambito del programma Copernicus della Commissione Europea. Le fratture sono apparse dopo il distacco dello scorso anno e stanno rapidamente percorrendo la superficie glaciale per una lunghezza di circa 20 chilometri; il monitoraggio del loro avanzamento è affidato soprattutto alla coppia Sentinel-1.

Il Pine Island, che – insieme al suo vicino Thwaites – collega l’area centrale della piattaforma occidentale antartica con l’oceano, ha patito delle ingenti perdite di ghiaccio, evidenziate dai dati satellitari raccolti sin dal 1990; prima dei satelliti Sentinel, lo hanno monitorato le missioni Ers-1, Ers-2 ed Envisat dell’Esa. La velocità di movimento del ghiaccio del Pine Island ha conosciuto un’impennata dai primi anni ’90 ad oggi, tanto da aver raggiunto valori superiori a 10 metri al giorno; nello stesso arco di tempo il suo fronte glaciale galleggiante, che ha uno spessore di circa 500 metri, ha vissuto ripetuti distacchi che ne hanno cambiato drasticamente l’aspetto e la posizione. Il primo distacco è stato documentato nel 1992, ma è dal 2011 che questo fenomeno si è molto intensificato. La perdita di massa nel Pine Island non si deve soltanto a questi eventi traumatici, ma anche allo scioglimento provocato dall’azione erosiva delle correnti oceaniche calde. Nel contempo, quindi, il ghiacciaio si assottiglia, perde i ‘pezzi’ e finisce con l’arretrare, dato che non riesce a recuperare il patrimonio iniziale.

Il Pine Island e il suo vicino Thwaites, anch’esso tenuto sotto osservazione per le sue condizioni non ottimali, si trovano in un’area molto remota dell’Antartide e costituiscono un’ulteriore prova del ruolo fondamentale che possono giocare i satelliti nel monitoraggio di zone difficili.  Con la costellazione Sentinel-1, ad esempio, è possibile tracciare la velocità del flusso glaciale, controllare gli spostamenti della ‘grounding line’ (vale a dire la linea di confine tra il ghiaccio ancorato e quello galleggiante) e monitorare la formazione di fratture e il loro andamento. Il radar Sar di Sentinel-1 può operare anche in condizioni di oscurità e questa peculiarità lo rende uno strumento ideale per tenere sotto controllo queste aree anche durante il lungo periodo di buio invernale.