L’INTERVISTA/Il co-autore e co-produttore del film “Albe. A Life Beyond Earth” su persone in “contatto” con extraterrestri spiega: “Nella pellicola diamo voce a un pensiero molto diffuso nel mondo”

Redazione 27 giugno 2018

di Stefano Miliani

Risulta un po’ arduo crederlo, eppure un’indagine Reuter-Ipsos del 2010 su 23mila persone in 22 Paesi diversi “ha dimostrato che una persona su cinque crede che gli extraterrestri esistano e vivano in incognito tra gli umani”. Quelle persone non stanno leggendo le narrazioni fantascientifiche di Arthur C. Clarke né guardano una versione inedita di “Blade Runner”. In Italia la quota di “credenti” negli alieni in Terra salirebbe addirittura al 25%: per quanto lontana dal 45% degli indiani e dal 42% dei cinesi, è una quota stupefacente. Non possiamo sapere quanto le cifre siano precise e azzeccate, tuttavia il fenomeno sembra esteso e non solo folcloristico. Ha una marea di implicazioni. Cita l’indagine una scheda di “Albe. A Life Beyond Earth”, il documentario su un drappello di persone che a Roma e nel circondario è convinta della presenza di alieni con cui in qualche modo comunica o di perlomeno scorge segni nel cielo notturno sopra Sabaudia. Il film, uno spaccato umano toccante e non solo sorprendente, viene presentato dalla regista Elisa Fuksas e proiettato a ingresso gratuito (con prenotazione obbligatoria, vedi sotto), a Roma il 5 luglio alle 20.30 all’Auditorium dell’Agenzia Spaziale Italiana. È il secondo appuntamento delle anteprime dell’ASI nell’iniziativa #SpazioCinema che vede la collaborazione de Il Giornale dello Spettacolo del gruppo Globalist.

Su “Albe” (Documentary Film. Ring Flm, K48, Foundry Films, Matrioska, Tangram, Rai Cinema, distribuito e venduto all’estero da Fandango), ne parla adesso Tommaso Fagioli, co-autore e uno dei produttori. Fagioli ha creato e gestisce il sito per cortometraggi Good Short Films.

Fagioli, qual è il lavoro di un autore in un documentario dove il testo è dato da cosa dicono le persone riprese?

Il grosso del lavoro per “Albe” è stato fatto molto prima delle riprese, quasi tre anni prima. Abbiamo iniziato la ricerca , l’approccio, la conoscenza di queste persone che piano piano si sono aperte con u npo’ di timore e anche curiosità. Si chiedevano: perché un film? Perché su di noi? Abbiamo fondato anche su whatsapp un gruppo chiamato “Albe” ed è diventato il nostro archivio. Abbiamo costruito delle relazioni, ci siamo visti tante volte, abbiamo mangiato la pizza insieme, siamo andati con loro a scrutare il cielo di notte, ci hanno raccontato come si informano.

Già: come si informano sugli alieni?

Magari senza un vero metodo, a modo loro, però studiano. Hanno bisogno di foraggiare questa presenza dell’alieno che è anche spirituale. Il nostro è un lavoro di relazione affinché si aprano. Ci hanno fatto entrare nelle loro vite e loro sono entrati nelle nostre. Elisa e io abbiamo sospeso il giudizio, abbiamo ascoltato tanto, abbiamo scritto il film con loro. Abbiamo cercato un filo conduttore e l’abbiamo trovato nell’epica dello skywatching. Siamo andati a Sabaudia dicendo: apriamo il cuore e vediamo se si manifestano. Abbiamo convissuto con loro e ci siamo voluti suggestionare.

Lei che formazione ha?

Ho un dottorato in filosofia, sono un filosofo, ma ho lavorato nell’editoria, scritto per giornali e magazine, e ora nelle arti visive.

Non è in un mondo apparentemente lontano da chi pensa di avvistare alieni?

Io per formazione esercito il pensiero critico e il dubbio metodico, che è conoscitivo, loro tendono più a trasformarlo in sospetto, che è un atteggiamento più emotivo, in questo “loro” ovviamente ci sono tanti stili e posizioni. E naturalmente è una sottocultura aperta ad atteggiamenti e ipotesi cospirazioniste.

L’atteggiamento del dubbio diventa per loro sospetto?

Il sospetto è una attitudine umana, antica, serve ad anticipare una possibile minaccia, ma a volte può sfuggire di mano. Ad ogni modo, è troppo facile dubitare di queste persone: se sono convinte, per loro quella è la verità. Più che nell’oggettività delle loro storie abbiamo voluto credere in loro. Naturalmente abbiamo fatto moltissime ricerche.

Dove? Su cosa?

Il film è la riduzione di un grande lavoro di ricerche in rete, su libri da Margherita Hack all’astrofisico e grandissimo divulgatore Carl Sagan. Due testi sono stati particolarmente importanti. Carl Gustav Jung nel 1958 pubblicò “Un mito moderno: le cose che si vedono in cielo“. Quando la narrativa dell’alieno si diffondeva, e tutti i giornali riportavano notizie di avvistamenti, da psicologo osservò il fenomeno e la sua posizione è quella di Elisa e mia. Non importa se gli avvistamenti sono veri quanto gli effetti psicologici sulla persona che sono reali. L’altro libro è del premio Pulitzer John Edward Mack, “Abduction: Human Encounters with Aliens”, del 1994. È stato un bestseller degli anni 90. Lo psichiatra americano aveva raccolto testimonianze che sotto ipnosi raccontavano esperienze di adduzione, di incontri con navicelle spaziali. Mack aveva fatto una comparazione scientifica notando ricorrenze e ricchezze di dettagli sbalorditive. Allora si è domandato come fosse possibile che quelle strutture narrative avessero tanti punti in comune e da scienziato ha iniziato a mettersi in dubbio. È stato mal visto anche dalla comunità scientifica. Gli dicevano “credi a quelle storie?” Ha avuto veramente vacillamenti. Anche se persone come me sono abituate a un pensiero rigoroso e razionale c’è qualcosa di più primitivo che ha a che fare con la superstizione, con la credenza e altri atteggiamenti conoscitivi: possono risvegliarsi e hanno a che vedere con l’attesa, con il sapere che c’è qualcosa in più. Sono temi sempre latenti e generalmente tenuti a bada da un approccio più razionale. Invece alcune persone lasciano aperto questo canale, forse per riscattarsi e trovare una narrazione salvifica.

Il film dà la sensazione che il pensiero sugli alieni possa dare un senso alla propria vita.

L’attesa dell’alieno è l’attesa del dio. È come la religione tradotta nella nostra mitologia. L’alieno raccoglie gli attributi del dio più potente, infatti si manifesta se sei buono, conosce più di te.

 

Il “complottismo” è piuttosto diffuso, oggi.

È letteralmente esploso. Nella galassia complottista c’è di tutto: è un modo di risolvere in maniera semplice problemi complessi e può avere derive anche politiche. Qui parliamo di utopie, di desiderio di salvezza: attendere il fratello cosmico che ci salva può essere un’utopia anche fantasiosa. Come ha osservato Elisa, non è un caso che questa area sia afferente ai Cinque Stelle che, proprio alla fine delle ideologie, offrono una narrazione utopica a persone che si sentono minacciate, escluse, ignorate, che sentono voglia di rivalsa, di rivincita, anche di vendetta in certi casi. I Cinque stelle danno la sensazione di poter offrire un riscatto attraverso una visione e magari una rinnovata etica.

 

Quanti credono a contatti diretti con gli alieni?

In queste ricerche mi sono imbattuto in una ricerca Reuters-Ipsos da cui risulta che una persona su cinque nel pianeta crede nella presenza di alieni, uno su quattro in Italia, il 45% in India. Alcuni credono gli alieni siano atterrati da noi, nel nostro paese. È una vera sotto cultura diffusa globalmente dai tratti religiosi: è una specie di religione fantasma globale, raccoglie l’attesa verso qualcosa di salvifico con la predisposizione all’attesa, con uno spirito di fratellanza universale ma non senza contraddizioni: una persona è buona ma in altre circostanze politiche può mostrare e prendere posizioni diverse, anche radicali. Abbiamo dato voce a una cultura che esiste nel mondo e a Roma. Ci sono tanti gruppi, talvolta anche in competizione tra loro: è un fatto umano.

Vi aspettiamo in Asi il prossimo 5 luglio. La proiezione avrà inizio alle ore 20,30, l’accesso sarà consentito dalle 19.00 per garantire un flusso ordinato. Ricordate però di registrarvi perché l’accesso è consentito solo previo accredito tramite questo form on line per ragioni di sicurezza. È pur sempre l’Agenzia Spaziale Italiana. Ma non mancate, ne sarà valsa la pena.
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L’intervista Elisa Fuksas: “Vi presento chi sente di comunicare con gli alieni”