A volte, osservare le cose da un’angolazione differente può aprirci nuovi orizzonti. Proprio come ha fatto il team guidato da Linda Podio, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), che ha studiato un disco protoplanetario “giovane”, con un’età inferiore al milione di anni, posto quasi esattamente di taglio rispetto alla nostra linea di vista. Grazie a questa peculiare quanto fortuita configurazione, il team è riuscito a ottenere una sorta di tomografia della composizione chimica su tutto lo spessore del disco, evidenziando la presenza di metanolo,una delle più semplici molecole organiche complesse, i cosiddetti “mattoni” della vita, finora mai osservato in un disco così giovane. Lo studio – i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista Astronomy & Astrophysics – è frutto di una collaborazione internazionale tra l’Istituto Nazionale di Astrofisica e l’Institut de Planétologie et d’Astrophysique di Grenoble in Francia ed è stato ottenuto grazie alle osservazioni del telescopio ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) situato a 5000 metri d’altitudine nel deserto di Atacama in Cile.
Il gruppo di ricerca ha studiato il disco protoplanetario attorno a IRAS 04302+2247, una stella giovane nella regione di formazione stellare del Toro, a 525 anni luce da noi. Il disco, il cui spessore aumenta progressivamente spostandosi dal centro verso le regioni esterne, è stato osservato di taglio. È la prima volta che, in questa particolare condizione osservativa, sono state individuate molecole diverse dal monossido di carbonio, la molecola più abbondante dopo l’idrogeno molecolare che non può essere osservato nelle lunghezze d’onda millimetriche.
«Nelle nostre indagini siamo riusciti a osservare anche il metanolo, uno dei costituenti per la formazione di molecole organiche complesse, a loro volta i mattoncini per molecole prebiotiche importanti per la vit», dice Linda Podio, ricercatrice Inaf a Firenze e prima autrice dello studio. Podio continua: «Il nostro obiettivo è riuscire a vedere molecole più complesse e meno abbondanti per arrivare ad una buona caratterizzazione chimica del disco e confrontare i nostri risultati in termini di molecole rivelate, abbondanza e distribuzione di tali molecole con ciò che sappiamo della composizione chimica delle comete e dei corpi del Sistema solare, cosa che ci aiuterebbe a ricostruirne la storia e le origini chimiche. Per questo motivo stiamo lavorando in stretta collaborazione anche con esperti di chimica di diversi Istituti di ricerca italiani e internazionali e con i colleghi dell’INAF di Roma esperti del Sistema solare e delle comete».
Il metanolo è considerato la più semplice delle molecole organiche complesse all’origine della vita e a oggi era stato osservato solo in un altro disco intorno a una stella molto più evoluta, di circa dieci milioni di anni di età. Il confronto tra le varie fasi evolutive di altri dischi propoplanetari già studiati, nonché con le comete che conservano traccia della composizione del nostro Sistema solare alla nascita, suggeriscono che ci sia un’evoluzione chimica dalla nascita di una stella fino alla formazione dei pianeti. Questa evoluzione potrebbe essere simile a quella che ha vissuto il nostro Sistema solare.
Il piano del disco protoplanetario è la regione in cui i grani di polvere crescono e si sedimentano, dando inizio al processo di formazione dei pianeti. La composizione dei pianeti di questi sistemi extrasolari dipende da quali molecole sono presenti nella piano del disco al momento in cui il pianeta si forma. Il piano del disco protoplanetario è la regione più difficile da osservare, perché è molto fredda e le molecole si congelano sui grani di polvere diventando molto elusive. Inoltre, un’altra condizione necessaria affinché questo tipo di osservazione sia possibile è che il disco si trovi “di taglio” rispetto a noi, condizione che permette di testare le previsioni dei modelli teorici, secondo i quali una parte delle molecole congelate viene rilasciata in fase gassosa grazie alla radiazione ultravioletta o ai raggi cosmici o ancora per effetto chimico. Riuscire a osservare il disco in queste particolari condizioni ha permesso di capire quali molecole siano presenti nei vari strati del disco, dal piano del disco agli strati più superficiali (lo strato molecolare e l’atmosfera). La caratterizzazione chimica del piano del disco è particolarmente importante perché i pianeti che si formano in questa regione incorporano le molecole intrappolate nei loro ghiacci.
Antonio Garufi, dell’Inaf di Firenze e coautore dello studio, spiega: «Le osservazioni ci hanno consentito di rivelare emissione proveniente dai grani di polvere sedimentati sul piano del disco ed emissione in riga di molecole quali il monossido di carbonio, il monosolfuro di carbonio e la formaldeide. Le immagini dell’emissione delle molecole mostrano una struttura ad X, dove l’emissione proviene in gran parte dal cosiddetto strato molecolare, mentre il piano del disco è più scuro perché qui le molecole sono congelate sui grani». «Tuttavia – aggiunge Claudio Codella, anch’egli dell’Inaf di Firenze e coautore dell’articolo – seppur in quantità minore, molecole organiche come la formaldeide sono rivelate anche nelle zone fredde del piano del disco, confermando i meccanismi ‘non termici’ di rilascio delle molecole dai grani di polvere ipotizzati dai modelli».
Questo lavoro nasce nell’ambito della campagna di osservazioni “Alma-Dot: Alma chemical survey of Disk-Outflow sources in Taurus” una survey a guida Inaf (Principal Investigator, Linda Podio, prima autrice dello studio) Alma-Dot è finalizzata a studiare la composizione chimica dei dischi giovani, ossia di età inferiore al milione di anni, in cui si formano i pianeti, ripercorrendo così una storia simile a quella del Sistema solare. La survey sfrutta le alte prestazioni dell’interferometro Alma che unisce un’elevata risoluzione angolare a un’altissima sensibilità.