Famelici, imponenti, potenti ma soprattutto misteriosi: i buchi neri sono tra gli oggetti celesti più affascinanti del cosmo. I signori oscuri dell’universo hanno un regno inespugnabile, l’orizzonte degli eventi che li circonda e da cui nulla può uscire. Neppure la luce. È questo che li rende neri, capaci di una forza di attrazione tale da trattenere anche la luce. Tanto da farli passare per buchi dove cadere dentro, mentre in realtà sono ex stelle luminose diventate ingorde a seguito della propria fine.

È per questo che il primo scatto mai realizzato di un buco nero, poco più di un anno fa, è stato definito l’immagine del secolo. Il ritratto del cuore nero di m87, un enorme buco nero al centro di una galassia a circa 55 milioni di anni luce da noi, ha dato per la prima volta un profilo all’enigmatico orizzonte degli eventi. Eppure nonostante questo anello brillante che ha fatto il giro del mondo siamo ancora lontani dall’aver risolto i misteri che circondano i più voraci e implacabili oggetti dell’universo. È come aver immortalato l’ombra dell’assassino: abbiamo una pista, ma la sua vera identità – con le sue mille sfaccettature – resta celata. E nel complesso noir dell’universo, ogni killer cosmico ha il suo stile, come mostrano le ultime settimane di indagine sui buchi neri.

C’è quello tornato a colpire dopo anni di silenzio: scoperto nel 2007, il buco nero al centro della galassia Re J1034 + 396, a 600 milioni di anni luce da noi, è rimasto nell’ombra per 9 anni. Nel 2011 infatti il nostro Sole ha svolto il ruolo di complice distante, bloccando il segnale del buco nero e permettendogli di nascondersi. Ma a inizio giugno un team di ricerca dell’Accademia delle Scienze cinese è riuscito a stanarlo, intercettandone il segnale e registrando così quello che ad oggi è il battito più longevo mai osservato in un buco nero.

Dal killer silenzioso a quello camuffato: un altro peculiare oggetto celeste studiato quest’estate è un buco nero che forse non lo è, identificato dalla collaborazione internazionale Ligo-Virgo. Si tratta di un oggetto misterioso di 2.6 masse solari, che fondendosi con un buco nero di 23 masse solari ha generato le onde gravitazionali registrate dai due interferometri. Il drammatico scontro, nome in codice Gw190814, ha generato un nuovo buco nero a circa 800 milioni di anni luce da noi. Resta da scoprire l’identikit del corpo celeste più piccolo che ha reso possibile la collisione: secondo gli scienziati potrebbe essere un buco nero o una stella di neutroni. Quel che è certo è che in entrambi i casi questo oggetto misterioso ha stabilito un record, come il buco nero più leggero o la stella di neutroni più pesante ad oggi conosciuti.

E a proposito di primati, a fine giugno gli astronomi della National Science Foundation hanno scoperto il secondo quasar più lontano di sempre, la cui luce risale a un periodo in cui l’universo aveva appena 700 milioni di anni. Ma la cosa più sorprendente è che in questo quasar primordiale abita un buco nero mostruoso, che supera il miliardo di masse solari. Si tratta del doppio della massa del buco nero supermassiccio presente nell’unico altro quasar conosciuto risalente alla stessa epoca. Questo peso massimo ci costringe a un tuffo indietro nel tempo di circa 13 miliardi di anni, ed è così massiccio da sfidare le attuali teorie della formazione dei primi buchi neri del cosmo.

In mezzo a tutte queste scoperte che generano nuovi misteri, talvolta emergono anche inaspettate luci. È quanto successo, letteralmente, a due astrofisici del centro Cuny di New York, che hanno ipotizzato come una fusione di due buchi neri potrebbe occasionalmente generare luce. Sembra un controsenso, data la natura di per sé oscura dei buchi neri. Ma pochi giorni fa gli scienziati hanno dimostrato la prima prova della presenza di un flare luminoso proveniente da una coppia di buchi neri in collisione. L’evento, nome in codice S190521g, è stato rilevato ancora una volta dagli interferometri Ligo e Virgo.

Tutt’altro che luminoso è invece il segnale emesso dalla new entry nella complessa famiglia dei buchi neri: il cuore della galassia J2157, scovato a inizio luglio, ha un’attrazione gravitazionale così smisurata da inglobare tutto ciò che gli capita a tiro. Divora l’equivalente di un Sole al giorno, il che lo rende il più famelico buco nero conosciuto, e i suoi meccanismi di formazione sono sconosciuti. Questo cannibale cosmico si trova a circa 12 miliardi di anni luce da noi, e anche in questo caso ci apre una finestra sull’universo bambino.

Molta strada è stata fatta, insomma, ma non esiste ad oggi un’unica teoria sui buchi neri capace di mettere gli scienziati d’accordo. Sono proprio questi oggetti il principale ring scientifico tra relatività generale e meccanica quantistica. E quando sembra di aver trovato la quadra, ecco che spunta fuori una nuova eccezione che non conferma la regola.