L’uomo è alla continua ricerca di pianeti abitabili al di fuori del sistema solare. Un pianeta per essere considerato simile alla Terra deve essere roccioso, deve avere un’atmosfera simile a quella terrestre, deve trovarsi nella zona abitabile della sua stella e ospitare acqua superficiale. L’acqua è dunque uno dei fattori necessari allo sviluppo della vita così come noi la conosciamo. Ma quanto è diffuso questo elemento nei pianeti della nostra galassia?
Se lo sono chiesto la scienziata planetaria della Nasa Lynnae Quick, specializzata in vulcanismo e mondi oceanici, e il suo team composto da Aki Roberge, astrofisico del Goddard della Nasa, Amy Barr Mlinar del Planetary science institute di Tucson, in Arizona, e Matthew M. Hedman dell’Università dell’Idaho di Mosca, i quali hanno iniziato, nel 2017, uno studio, pubblicato lo scorso 18 giugno sulla rivista Publications of the Astronomical Society of the Pacific, volto a determinare quanti mondi oceanici possano esistere fuori dal nostro sistema solare.
Nel nostro sistema solare ci sono Europa ed Encelado, rispettivamente satelliti naturali di Giove e Saturno, che ospitano parti di acqua sotto il loro strato superficiale di ghiaccio: «Pennacchi d’acqua fuoriescono da Europa ed Encelado, quindi possiamo dire che questi corpi hanno oceani sotto i loro gusci di ghiaccio, e hanno un’energia che spinge i pennacchi, che sono i due requisiti per la vita come la conosciamo», afferma Quick e continua «Quindi se stiamo pensando a questi luoghi come possibilmente abitabili, forse anche le versioni più grandi di essi in altri sistemi planetari sono abitabili.»
La scienziata planetaria ha allora deciso di esplorare, ipoteticamente, se ci siano pianeti simili a Europa e Encelado nella Via Lattea; qualora ci fossero potrebbero essere geologicamente abbastanza attivi da essere rilevati, un giorno, dai nostri telescopi.
Dei 4000 esopianeti conosciuti, il team di Quick ha selezionato per lo studio i 53 mondi più simili alla Terra. Questi corpi hanno dimensioni paragonabili al nostro pianeta (anche se alcuni arrivano a 8 volte la sua massa) e sono ritenuti più solidi dei pianeti gassosi, quindi propensi a ospitare acqua liquida sopra e sotto le loro superfici. Da quando lo studio è iniziato sono stati scoperti almeno altri 30 pianeti con queste caratteristiche che non sono stati inseriti nella ricerca.
Più di un quarto dei pianeti esaminati da Quick e il suo team, attraverso un’analisi matematica, potrebbero essere mondi oceanici, con una maggioranza che probabilmente ospiterebbe oceani sotto strati superficiali di ghiaccio. Molti di questi pianeti, inoltre, potrebbero rilasciare una quantità maggiore di energia rispetto alle due lune che si trovano nel nostro sistema solare.
Quick e i suoi colleghi hanno cercato di determinare quanta energia potrebbe generare ciascun pianeta e rilasciare sotto forma di calore. Sono state considerate due fonti primarie di calore: quello radiogenico, che viene generato nel giro di miliardi di anni dal lento decadimento dei materiali radioattivi nel mantello e nella crosta di un pianeta, e quello prodotto dalla forza di marea, che è l’energia generata dal trascinamento gravitazionale quando un oggetto orbita intorno ad un altro.
Questa energia può trovare una via d’uscita o attraverso vulcani e criovulcani o attraverso la tettonica, un processo geologico responsabile del movimento dello strato superficiale di un pianeta. In qualunque modo l’energia venga rilasciata è importante capire in che quantità, poiché potrebbe generare o distruggere l’abitabilità di quel pianeta.
Animazione: Michael Lentz e Mike Mirandi / Goddard Space Flight Center della NASA
Un’esagerata attività vulcanica può trasformare un mondo vivibile in un inferno di fuoco con un’atmosfera molto densa, al contrario un’attività troppo scarsa potrebbe bloccare il rilascio dei gas che creano l’atmosfera. La giusta quantità supporta invece una pianeta vivibile.
Purtroppo ancora non è possibile testare le previsioni di Quick e dei suoi colleghi, per il momento si può lavorare su modelli matematici e sulle informazioni in nostro possesso sul sistema solare, per cercare di immaginare le condizioni che potrebbero rendere gli esopianeti mondi vivibili.
«Le prossime missioni ci daranno la possibilità di vedere se le lune oceaniche nel nostro sistema solare potrebbero supportare la vita», afferma Quick, che è un membro del team scientifico sia nella missione Clipper della Nasa, che esplorerà la superficie e il sottosuolo di Europa, che nella missione Dragonfly sulla luna di Saturno, Titano. «Se riusciamo a trovare le prove chimiche della vita, potremo provare a cercare segni simili a distanze interstellari.»
Altri importanti risultati si potranno avere quando verrà lanciato il James Webb Space Telescope della Nasa con il quale gli scienziati proveranno a rilevare le firme chimiche nelle atmosfere di alcuni pianeti nel sistema Trappist-1 che dista da noi 39 anni luce ed è osservabile nella costellazione dell’Aquario. Questo sistema racchiude sette pianeti delle dimensioni della Terra e alcuni di questi potrebbero ospitare l’acqua. Anche Quick e il suo team supportano questa ipotesi e stimano che Trappist-1 e, f, g, e h potrebbero essere mondi oceanici.
Da questo studio la scienziata della Nasa e i suoi colleghi hanno identificato 14 possibili mondi oceanici, basandosi sulle temperature superficiali e sulla densità di ognuno. Se la densità di un pianeta è inferiore a quella terrestre potrebbe esserci più acqua rispetto a roccia e ferro e se la temperatura del pianete consente acqua liquida allora siamo davanti a un mondo oceanico. Qualora la temperatura superficiale fosse inferiore a zero gradi Celsius l’acqua sarebbe ghiacchiata e ci troveremo in un mondo oceanico ghiacciato.
Nell’immagine in alto rappresentazione artistica della sonda della Nasa Cassini che vola fra i pennacchi di Encelado nell’ottobre 2015 NASA / JPL-Caltech