A poco più di due anni e mezzo dalla conclusione, la missione Cassini ha ancora molto da dire e l’archivio dei suoi dati è una vera e propria miniera per la comunità scientifica: la sonda, che ha visto la collaborazione di Nasa, Esa ed Asi, torna alla ribalta per nuovo studio dedicato al cosiddetto ‘esagono’ di Saturno. Il saggio, curato dal gruppo di planetologia dell’Università dei Paesi Baschi-Bilbao, è stato pubblicato su Nature Communications (articolo: “Multilayer hazes over Saturn’s hexagon from Cassini ISS limb images”) e si basa su una serie di immagini ad alta risoluzione che la sonda Cassini ha realizzato nel 2015 con la sua fotocamera principale.

L’atmosfera del sesto pianeta del Sistema Solare, composta principalmente da idrogeno, presenta una ricca varietà di fenomeni meteorologici tra i quali spicca il celebre ‘esagono’. Questa struttura nuvolosa, che caratterizza il polo nord di Saturno, è stata osservata per la prima volta nel 1980 dalle sonde Voyager e poi è stata tenuta costantemente sotto controllo. Una corrente a getto, veloce e circoscritta, scorre all’interno di questa gigantesca onda, dove i venti raggiungono la velocità massima di circa 400 chilometri orari; l’onda rimane pressoché statica, per cui a malapena si sposta rispetto alla rotazione del pianeta. Queste peculiarità hanno reso l’esagono un elemento di estremo interesse per gli scienziati che si dedicano soprattutto allo studio delle atmosfere planetarie e dei loro fenomeni ‘meteo’.

Le immagini di Cassini sono state in grado di inquadrare, con un dettaglio di 1-2 chilometri, la foschia che si trova sopra le nubi dell’esagono; per analizzarle al meglio, specie per la composizione chimica, il gruppo di lavoro ha impiegato filtri di diverse colorazioni, dall’ultravioletto al vicino infrarosso. Le foto della sonda sono state integrate con altre prodotte dal telescopio Hubble da un differente punto di vista: gli studiosi hanno potuto così constatare che la foschia in questione è multistrato (almeno sette fasce) e si estende in altezza oltre 300 chilometri. Strutture analoghe sono state individuate anche su altri corpi celesti (ad esempio, Titano e Plutone), ma nessuna di esse presenta la disposizione regolare di quella di Saturno.

Ogni strato ha uno spessore che si estende da un minimo da 7 ad un massimo di 18 chilometri; in base all’analisi degli spettri, ciascun livello contiene particelle minutissime, le cui dimensioni sono espresse in micron. La loro composizione chimica è particolare perché, considerando che la temperatura dell’atmosfera di Saturno oscilla tra 120° e 180° gradi, potrebbero contenere cristalliti di idrocarburi ghiacciati, come acetilene, propino, diacetilene e persino butano. La regolarità nella distribuzione di queste fasce, secondo gli studiosi, sarebbe dovuta alla propagazione verticale delle onde gravitazionali, che produce oscillazioni nella densità e nelle temperatura dell’atmosfera. Tali onde potrebbero essere connesse alle dinamiche dell’esagono e della sua intensa corrente a getto; il fenomeno, tuttavia, presenta ancora alcuni lati da approfondire in future ricerche.

Nella foto in basso, un dettaglio degli strati di foschia (Crediti: Gcp/Upv/Ehu)