Questa immagine composita della Nebulosa del Granchio è costruita attraverso i dati raccolti nel tempo da tre telescopi spaziali: Chandra rappresentato in blu e bianco, Hubble nel viola e Spitzer nel rosa scuro.  

Le prime attestazione della Nebulosa del Granchio risalgono al 1054, quando venne osservata una “nuova stella” nel cielo, in direzione della costellazione del Toro. I documenti dell’epoca affermano che era talmente luminosa da rimanere visibile anche durante il giorno. Il fenomeno riportato è ricollegabile all’esplosione di una stella massiccia, quello che ne rimane oggi è una pulsar: una stella di neutroni a rotazione rapida e altamente magnetizzata.

La combinazione della rotazione rapida e del forte campo magnetico generano un intenso campo elettromagnetico, con getti di materia e antimateria che si allontanano dai poli nord e sud della pulsar e un intenso vento che soffia verso l’equatore. 

Avere tracce così antiche della Nebulosa del Granchio ha permesso agli astronomi di studiarne l’evoluzione. Molte delle informazioni che abbiamo oggi arrivano dal telescopio orbitale Chandra, progettato per rilevare l’emissione di raggi X da regioni molto calde dell’Universo.