E’ a riposo da poco meno di 3 mesi, ma il suo archivio di dati e osservazioni scientifiche è pienamente operativo e non mancherà di riservare sorprese alla comunità scientifica: il ‘pensionato’ spaziale in questione è il telescopio Spitzer della Nasa, che ha terminato la sua missione lo scorso 30 gennaio. Il telescopio ha lavorato alacremente fino all’ultimo e, cinque giorni prima del meritato riposo, la sua fotocamera all’infrarosso ha scattato alcune immagini multiple di Ngc 1499, nota come nebulosa California per la forma che ricorda lo stato americano affacciato sull’Oceano Pacifico. Questo target è stato scelto non solo per ragioni di interesse scientifico, ma anche in omaggio alla terra che ospita i centri dove è stata gestita la missione, il Jet Propulsion Laboratory della Nasa e il Caltech, ambedue con sede nella California meridionale; tra l’altro, per Spitzer si è trattato di un oggetto celeste mai osservato prima.
La nebulosa, di cui è stata poi realizzata un’immagine a mosaico, è situata nella costellazione di Perseo a circa mille anni luce di distanza dalla Terra. Il suo singolare aspetto si ravvisa quando viene osservata dai telescopi che operano nel visibile; nello specifico, la luce visibile proviene dal gas della nebulosa riscaldato da Xi Persei, una stella vicina e particolarmente massiccia. La vista all’infrarosso di Spitzer ha svelato altri particolari di Ngc 1499, come la presenza di polveri calde, dalla consistenza simile a quella della fuliggine, che sono mescolate ai gas; le polveri assorbono la luce visibile e quella ultravioletta dalle stelle limitrofe e poi riemettono l’energia incamerata sotto forma di luce infrarossa. Nella foto in alto i colori blu e rosso si riferiscono a due differenti lunghezze d’onda nell’infrarosso, colte dai due rilevatori di Spizter che operavano simultaneamente per individuare più oggetti o maggiori particolari: il blu è relativo alla lunghezza d’onda di 3,6 micrometri, mentre il rosso riguarda quella di 4,5 micrometri. L’area centrale in grigio le mostra tutte e due.
Oltre alla nebulosa California, il telescopio ha effettuato altre osservazioni finali. Nello specifico, ha misurato la luce derivante dalla polvere diffusa per tutto il Sistema Solare, chiamata ‘polvere zodiacale’: una tenue nube di particelle che proviene dall’evaporazione delle comete e dalle collisioni tra gli asteroidi. I dati ottenuti non hanno prodotto immagini particolarmente spettacolari, ma sono utili perché tali polveri derivano da oggetti ritenuti i ‘fossili’ dell’epoca in cui si è formato il nostro sistema planetario. L’archivio di Spitzer, che è stato attivo per 16 anni e 5 mesi, è ospitato presso l’Ipac (Infrared Processing and Analysis Center) del Caltech.