Una ricerca dell’Università dell’Arizona ha analizzato alcuni meteoriti marziani per ricostruire la storia primordiale del pianeta rosso. I meteoriti oggetto dello studio, pubblicato sulla rivista Nature Geoscience, sono il Black Beauty e l’Allan Hills 84001, oggetto di interesse negli anni novanta poiché, dalle analisi iniziali poi smentite, sembrava potesse contenere tracce di batteri fossili. Entrambi gli oggetti sono stati utilizzati per studiare la storia dell’acqua marziana e scoprire di più sulle prime fasi di vita del pianeta.
« La nostra teoria si basa sul fatto che l’acqua su Marte abbia avuto origine da almeno due fonti diverse e la loro analisi potrebbe dirci qualcosa in più sulla storia del pianeta – afferma Jessica Barnes autrice dello studio – abbiamo ipotizzato che due planetesimi distinti, oggetti rocciosi alla base della formazione dei pianeti, con un contenuto di acqua molto diverso tra loro potrebbero essere entrati in collisione senza mai unirsi completamente. Questo studio inoltre ci da informazioni sull’abitabilità e sull’astrobiologia nel passato di Marte».
Barnes e il suo gruppo hanno ricostruito la storia dell’acqua su Marte cercando indizi in due isotopi di idrogeno all’interno dei meteoriti. Uno ha nel suo nucleo un protone chiamato idrogeno leggero mentre l’altro – il deuterio – contiene un protone e un neutrone al suo interno ed è noto come idrogeno pesante. Il rapporto tra questi due isotopi segnala i processi e le possibili origini dell’acqua nelle rocce e nei minerali in cui si trovano.
Per circa 20 anni, i ricercatori hanno registrato i rapporti isotopici dei meteoriti marziani. L’acqua bloccata nelle rocce terrestri viene denominata non frazionata, ovvero non si discosta molto dal valore di riferimento standard dell’acqua dell’oceano – un rapporto 1: 6,420 di idrogeno pesante e leggero. L’atmosfera di Marte, al contrario, è fortemente frazionata per lo più popolata da deuterio o idrogeno pesante, probabilmente perché il vento solare ha portato via quello leggero.
Il team di Barnes ha analizzato la composizione degli isotopi di idrogeno nella crosta marziana studiando unicamente i campioni di meteorite che hanno avuto origine proprio da quel punto: il Black Beauty e l’Allan Hills. Il Black Beauty si è rivelato particolarmente utile perché è composto da un mix di materiale di superficie proveniente da epoche diverse della storia marziana. Questo ha permesso agli scienziati di avere un’idea dei cambiamenti subiti dalla crosta del pianeta rosso nel corso di diversi miliardi di anni.
Nello specifico i rapporti isotopici dei campioni di meteorite sono a metà strada tra il valore individuato nelle rocce terrestri e in quelle marziane. Come è possibile spiegare la coesistenza di questi dati che evidenziano un frazionamento dell’atmosfera marziana ma anche una crosta superficiale immutata, che non sembra venire influenzata dai cambiamenti atmosferici esterni?
«L’ipotesi prevalente prima di iniziare questo lavoro era che l’interno di Marte fosse simile alla Terra, ovvero non frazionato- aggiunge Barnes – seguendo questa teoria la variabilità nei rapporti isotopici dell’idrogeno all’interno dei campioni marziani era dovuta alla contaminazione terrestre o all’impianto atmosferico». La teoria sulla similitudine dell’interno di Marte e della Terra proveniva dallo studio di un meteorite marziano che si pensava avesse avuto origine dal mantello, la zona tra il nucleo del pianeta e la sua crosta superficiale.
«Cercare di capire cosa ci stanno effettivamente dicendo questi campioni sull’acqua nel mantello di Marte è stato una sfida -continua Barnes – le differenze riscontrate sui nostri dati relativi alla crosta ci hanno spinto a tornare indietro nella letteratura scientifica e ad esaminare di nuovo i dati».
I ricercatori hanno scoperto che due tipi geochimicamente diversi di rocce vulcaniche marziane, gli shergottiti arricchiti e impoveriti, contengono acqua con diversi rapporti isotopici di idrogeno. In particolare quelli più ricchi sono caratterizzati da una maggiore presenza di deuterio rispetto agli altri. «Abbiamo scoperto – conclude Barnes – che se mescoliamo diverse proporzioni di idrogeno provenienti da questi due tipi di shergottiti è possibile ottenere il valore della crosta».
I ricercatori ritengono che gli shergottiti possano registrare le firme dei due diversi tipi di idrogeno e – per estensione – dell’acqua all’interno di Marte. Le conclusioni dello studio indicano che la netta differenza nella composizione degli atomi di idrogeno suggerisce che l’acqua su Marte potrebbe avrebbe potuto aver origine da più di una fonte e che il pianeta rosso non abbia avuto un oceano globale di magma, al contrario della Terra, agli albori della sua esistenza.