Circa 15 milioni di anni fa un meteorite impattò in un’area della Germania meridionale. L’impatto ad alta velocità formò quello che oggi è conosciuto come il cratere di Ries, con un diametro di 25 chilometri, all’interno del quale è stata edificata la città medioevale di Nördlingen.
Ma da dove proviene il meteorite? Secondo un nuovo studio, la geologia e la chimica del cratere presentano somiglianze con la superficie marziana. L’analisi delle caratteristiche del cratere di Ries potrebbe aiutare gli astrobiologi a comprendere l’alcalinità, il pH e il contenuto di azoto delle antiche acque che si pensa popolassero Marte e comprendere la composizione dell’anidride carbonica dell’antica atmosfera del pianeta.
Il clima di Marte, oggi, è troppo inospitale per consentire all’acqua di scorrere sulla sua superficie. Miliardi di anni fa, però, la vita avrebbe potuto svilupparsi. Studi precedenti hanno trovato prove significative della possibile presenza di oceani di acqua liquida sul mondo rosso. Ma non è chiaro come ciò possa essere stato possibile, considerando che il pianeta rosso è situato molto più lontano dal Sole rispetto alla Terra; inoltre, miliardi di anni fa, la nostra stella generava molto meno calore di quanto non faccia oggi.
Per aver reso il pianeta abbastanza caldo da consentire all’acqua liquida di scorrere sulla superficie, l’atmosfera avrebbe avuto bisogno di un’immensa quantità di gas serra, in particolare di anidride carbonica. Dal momento che non è possibile campionare l’atmosfera di Marte per rilevare la quantità di anidride carbonica presente miliardi di anni fa, il team di ricerca ha analizzato il cratere di Ries, che, come detto, presenta delle caratteristiche simili a quelle presenti su Marte.
Similitudini che gli scienziati hanno riscontrato nell’antico cratere in cui atterrerà prossimamente la missione Mars 2020 e per via del buon livello di conservazione è stato possibile confrontare i dati di quest’ultimo con il cratere terrestre, anch’esso con rocce e minerali conservati in maniera ottimale rispetto a qualsiasi altro cratere sulla terra. Entrambi i luoghi portano tracce di un passato acquoso, rendendo comparabili le loro composizioni chimiche.
Secondo lo studio, è improbabile che il mondo rosso avesse abbastanza ossigeno per ospitare forme di vita complesse, come esseri umani o animali. Tuttavia, alcuni microrganismi avrebbero potuto sopravvivere se l’antica acqua marziana avesse avuto sia un livello di pH neutro che un alcalinità elevata. Queste condizioni implicano una quantità sufficiente di anidride carbonica nell’atmosfera – forse migliaia di volte maggiore di quella che circonda la Terra oggi – per riscaldare il pianeta e rendere possibile la presenza di acqua liquida.
Mentre il pH misura la concentrazione di ioni di idrogeno in una soluzione, l’alcalinità rappresenta la capacità dell’acqua di resistere a cambiamenti del pH atti a far diventare l’acqua più acida.
«I campioni di roccia del cratere Ries hanno rapporti di isotopi di azoto che possono essere meglio spiegati con un pH elevato», ha commentato Eva Stüeken, prima autrice dello studio. «Inoltre, i minerali negli antichi sedimenti ci dicono che anche l’alcalinità era molto elevata».
Le stime sull’anidride carbonica scaturite dall’analisi del cratere Ries potrebbero aiutare a risolvere il mistero ‘acquoso’ di Marte. Tuttavia, resta ancora da capire in che modo i livelli di pH e alcalinità sarebbero rimasti così alti su Marte e cosa avrebbe potuto vivere negli oceani.
«Prima di questo studio, non era chiaro che qualcosa di semplice come gli isotopi di azoto potessero essere usati per stimare il pH delle antiche acque su Marte; il pH è un parametro chiave nel calcolo dell’anidride carbonica nell’atmosfera», conclude Stüeken.
Quando i campioni della missione Mars 2020 verranno riportati sulla Terra potranno essere analizzati per i loro rapporti isotopici di azoto. Questi dati potrebbero confermare la teoria del team secondo la quale livelli molto elevati di anidride carbonica avrebbero reso possibile la presenza di acqua liquida e, forse, anche di alcune forme di vita microbica molto tempo fa.
Lo studio è stato pubblicato su Science Advances.