A chi non è capitato di contare la distanza di tempo tra l’apparizione di un fulmine e il suono del tuono, a individuarne a quale distanza è caduto, giocando tra la differenza della velocità della luce e quella molto più lenta delle onde sonore.
Anche i terremoti inviano segnali che si propagano alla velocità della luce (300.000 chilometri al secondo) e possono essere registrati molto prima delle onde sismiche relativamente lente (circa 8 chilometri al secondo). Tuttavia, i segnali che viaggiano alla velocità della luce non sono fulmini, ma improvvisi cambiamenti di gravità causati da uno spostamento della massa interna della terra. Solo di recente, questi cosiddetti segnali PEGS (segnali rapidi di elasto-gravità) sono stati rilevati mediante misurazioni sismiche. Con l’aiuto di questi segnali, potrebbe essere possibile rilevare un terremoto prima dell’arrivo delle distruttive onde sismiche o delle onde di tsunami.
Tuttavia, l’effetto gravitazionale di questo fenomeno è molto ridotto. Ammonta a meno di un miliardesimo della gravità terrestre. Pertanto, i segnali PEGS potrebbero essere registrati solo per i terremoti più forti. Inoltre, il processo della loro generazione è complesso, perché non solo dipende direttamente dalla fonte del terremoto che anche dalle onde sismiche che si propagano attraverso l’interno della Terra.
Fino ad ora, non esisteva un metodo diretto ed esatto per simulare al computer, in modo affidabile, la generazione di segnali PEGS. L’algoritmo ora proposto dai ricercatori del Geoforschungszentrum (GFZ) sembra, per la prima volta, dimostrare di calcolare i segnali PEGS con elevata precisione. I ricercatori hanno anche dimostrato che i segnali consentono di trarre conclusioni sulla forza, la durata e il meccanismo alla base di terremoti di grandi dimensioni. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Earth and Planetary Science Letters.
Il nuovo algoritmo, elaborato dal primo autore Rongjiang Wang, è stato applicato al terremoto di Tohoku, avvenuto al largo del Giappone nel 2011, causando, tra l’altro, lo tsunami di Fukushima, poiché disponibili misure sulla potenza del segnale PEGS. La coerenza si è dimostrata perfetta.
Secondo gli autori dello studio, in futuro, valutando i cambiamenti di gravità a centinaia di chilometri di distanza dall’epicentro di un terremoto al largo della costa, questo metodo potrebbe essere usato per determinare, anche durante il terremoto stesso, se è in corso un forte terremoto che potrebbe scatenare uno tsunami. «Tuttavia, c’è ancora molta strada da fare», afferma Rongjiang Wang. «Gli strumenti di misurazione odierni non sono ancora abbastanza sensibili e i segnali di interferenza indotti dall’ambiente sono troppo grandi perché i segnali PEGS possano essere direttamente integrati in un sistema di allerta precoce per gli tsunami».