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Se il programma Artemis mira nei prossimi anni a riportare un equipaggio umano sulla Luna, il grande sogno dell’esplorazione umana del prossimo futuro sarà toccare per la prima volta il suolo di Marte. Ma per affrontare un viaggio così lungo, sarà necessario per gli astronauti avere a bordo sistemi per un’assistenza medica nello spazio profondo.
In questo contesto Nasa sta testando tecnologie portatili e indossabili a mini-raggi X in grado di effettuare diagnosi non invasive per individuare, durante le missioni spaziali, potenziali lesioni subìte dagli astronauti, come fratture ossee o lesioni dentali, senza la necessità di dover attendere un’assistenza dalla Terra.
Disporre di dispositivi portatili a raggi X di questo genere a bordo dei veicoli spaziali permetterebbe inoltre di identificare problemi alle apparecchiature senza doverle smontare, oppure individuare la posizione di uno strappo nella tuta di un astronauta.

Presso il Glenn Research Center, Nasa ha condotto test approfonditi su diversi sistemi portatili a raggi X, esaminando più di 200 modelli commerciali. Dopo aver valutato fattori quali dimensioni, peso, qualità dell’immagine, costo e facilità d’uso, sono stati selezionati per test più dettagliati tre sistemi: MinXray, Remedi e Fujifilm.

Dopo questa selezione, i test di queste tecnologie proseguiranno sulla Stazione Spaziale Internazionale nel 2026, o all’inizio del 2027. Questa fase sarà fondamentale per garantire che il sistema scelto soddisfi tutti i requisiti tecnici e di sicurezza necessari per l’uso nelle missioni spaziali.

Intanto, Nasa sta collaborando con il Cuyahoga Community College per individuare il posizionamento del paziente migliore durante le diagnosi nello spazio, l’acquisizione delle immagini e la qualità delle stesse; con l’University Hospitals l’agenzia sta, invece, confrontando le prestazioni dei sistemi a raggi X ora testati con quelle delle apparecchiature di livello ospedaliero, concentrandosi su usabilità, nitidezza delle immagini e accuratezza diagnostica.

Tra le tecnologie sulle quali i ricercatori del Glenn Research Center continueranno a raccogliere dati vi è anche il sistema a raggi X fornito da SpaceX, protagonista lo scorso aprile della prima radiografia nello spazio durante la missione Fram2. Questa ha siglato il primo volo spaziale umano in orbita polare della storia, l’equipaggio ha infatti realizzato la prima lastra spaziale: una radiografia a una mano con un anello per omaggiare la prima immagine a raggi X della storia.

Immagine in evidenza: i ricercatori acquisiscono immagini a raggi X di una tuta spaziale da astronauta presso il Glenn Research Center della Nasa a Cleveland. Crediti: Nasa/Sara Lowthian-Hanna